Archivio Giornaliero: Marzo 5, 2008

La soluzione alternativa al termovalorizzatore: TMB e Pirolizzatore

LA SOLUZIONE ALTERNATIVA AL TEMOVALORIZZATORE: "TRATTAMENTO MECCANICO BIOLOGICO"  E "PIROLIZZATORE"

 

Salve a tutti,

dopo un lavoro di circa un mese, ho terminato un documento riguardante la corretta gestione del ciclo dei rifiuti.

E' un documento che va ad approfondire tutte le varie tecnologie di trattamento dei rifiuti esistenti, evidenziandone i pregi e i difetti, sulla base di fonti e documenti molto autorevoli e imparziali: ho voluto evitare di fare ricorso semplicemente a articoli di giornali o riviste o, peggio, ad altri rapporti la cui attendibilità non era possibile provare.

Pertanto mi sono basato su documenti dell'APAT,  dell'Associazione Medici per L'Ambiente, di Nanodiagnostic,  su conferenze dell'Enea,  su  esempi di  impianti già esistenti e funzionanti fatti sia dalle rispettive  aziende costruttrici, che relazioneati nelle pubblicazioni di "Juniper Consultancy Services Ltd", e altre ancora.

Tutte le fonti che ho utilizzato sono consultabili e verificabili anche da internet, e i rispettivi link sono inseriti nelle note presenti sul documento stesso.

E' stato un lavoro che ho iniziato, sinceramente, per cultura personale, per una mia curiosità di capire bene un'argomento divenuto molto d'attualità nella nostra provincia.

Alla fine però, vista anche la molta disinformazione che c'è su questo tema (e di cui io non ero certo privo), ho pensato potesse essere utile condividerlo con tutti, cittadini, politici, giornalisti, etc..

Credo infatti che mai come in questo momento, in cui la classe politica tutta è chiamata a fare scelte decisive riguardanti le soluzioni da adottare al problema rifiuti,  sia importante smascherare i tanti luoghi comuni riguardanti questo argomento, proponendo, allo stesso tempo, delle soluzioni alternative e migliori sotto tutti i punti di vista.

Allego quindi il documento, in modo tale che possa essere scaricabile e consultabile da chiunque, e di seguito metto anche (tra i ****) un breve riassunto del documento e delle conclusioni a cui sono giunto alla fine della mia ricerca.

In un post successivo a questo allegherò anche alcune fonti (del documento) che ritengo molto importanti, nonchè le rispettive traduzioni in italiano (alcune sono infatti in inglese):

a tale proposito vorrei ringraziare Salvatore Antoci per l'aito che ha saputo darmi attraverso l'importante lavoro di traduzione che ha portato avanti a riguardo.

Un caro saluto a tutti,

Stefano Cassoni 

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Ad oggi, purtroppo, sia tra i cittadini che tra i  politici, continua ad esserci una grande disinformazione sulla corretta gestione dei rifiuti e, in particolare, sulla questione dei termovalorizzatori.

Si continua infatti a  ritenere gli inceneritori con recupero energetico (chiamati termovalorizzatori solo in Italia) la soluzione migliore e definitiva a tutti i problemi di smaltimento dei rifiuti.

Si continua a pianificarne e costruirne di nuovi con la convinzione che con gli inceneritori sia possibile ridurre quasi a “zero” i rifiuti conferiti in discarica e senza pericoli alcuni per la salute pubblica, poiché le ultime tecnologie consentirebbero di ridurre al minimo l’inquinamento prodotto.

Ebbene, non c’è nulla di più sbagliato nel ritenere un inceneritore “poco inquinante”: molti studi a riguardo, come quello portato a termine dallo stesso Istituto Superiore di Sanità nel 2004, hanno evidenziato che nelle zone attigue agli inceneritori aumentano gli effetti cancerogeni e vi è un significativo incremento di mortalità causato da cancro al polmone, linfomi e neoplasie infantili; ciò è causato dalle nanoparticelle prodotte dalla combustione dei rifiuti che, essendo inferiori ai 2,5 micron non possono essere fermate da nessun filtro anti-particolato oggi esistente.

Non c’è nulla di più sbagliato, inoltre,  nel dire che  i termovalorizzatori sono una soluzione definitiva al problema dei rifiuti, o che con un inceneritore è possibile ridurre a percentuali trascurabili i rifiuti conferiti in discarica: un inceneritore produce scorie solide e ceneri volatili pari a 1/3 del peso dei rifiuti che vi vengono introdotti; ciò significa che il 33% dei rifiuti che finiscono nell’inceneritori,  vanno poi conferiti in discarica. Tra l’altro, prima di inviarle in discarica queste scorie devono essere trattate e rese inerti, in quanto sono altamente tossiche e pericolose per la salute pubblica.

Infine, non è vero che sono economicamente convenienti: continuano ad esserlo solo grazie agli incentivi statali CIP6 sulle fonti rinnovabili che ricevono. Ma questi contributi sono stati ritenuti illegittimi dalla stessa Unione Europea, che ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia, in quanto i rifiuti o le “ecoballe”  (o CDR), bruciati nei termovalorizzatori, non possono essere considerati “fonte di energia rinnovabile” . Insomma, il governo italiano sarà giustamente costretto a togliere questi incentivi ai termovalorizzatori, e gli inceneritori non saranno più convenienti come ora, specie se confrontati con altre tecnologie alternative esistenti.

E allora? Purtroppo, seppur auspicabile, non si può fare ricorso esclusivamente alla Raccolta Differenziata: è difficile, in una grande città, superare il 50% di differenziata e solo con il metodo del “porta a porta” è possibile realizzare l’auspicabile traguardo del 70% e oltre.

Rimarrebbe quindi una percentuale non trascurabile di rifiuti indifferenziati che in qualche modo bisogna pur trattare, in quanto non può essere più accettabile conferirla direttamente in discarica.

A questo proposito, un’altra convinzione non vera è che l’unica tecnologia esistente per trattare i rifiuti indifferenziati sia la produzione di CDR (mediante appositi impianti) e il suo smaltimento mediante termovalorizzatore.

Infatti, sia in Italia (con la presenza di 114 impianti di questo tipo) che nel resto del mondo, la tecnologia maggiormente usata per trattare questi rifiuti sono gli Impianti di TMB (Trattamento meccanico Biologico).

In particolare, nei processi TMB più avanzati (quelli che non prevedono la triturazione iniziale dei rifiuti), i rifiuti indifferenziati, invece di essere subito triturati (come avviene nei tradizionali impianti di produzione di CDR), vengono selezionati e separati mediante appositi processi di vagliatura, consentendo il recupero dei materiali riciclabili presenti: nell’impianto TMB di Seamer Carr in Inghilterra, ad esempio, si riesce a riciclare il 90% del metallo, alluminio, plastica rigida e materiale organico, il 70% del vetro e fino al 90% della carta e cartone presenti nei rifiuti indifferenziati in ingresso nell’impianto.

Inoltre la parte umida dei rifiuti, accuratamente selezionata, viene sottoposta a processi particolari chiamati “digestione aerobica” o “anaerobica”: in particolare, mediante la digestione anaerobica si ha la produzione di un “digestato solido”, da utilizzare per migliorare le proprietà agricole del suolo, e il recupero di biogas, utilizzato per produrre calore ed energia elettrica.

Al contrario di quanto si potrebbe pensare, poi, questi impianti costano molto meno di quanto costano gli inceneritori; inoltre non producono inquinamento, permettono di incrementare la differenziazione e il riuso dei rifiuti  e consentono di inviare in discarica molti meno scarti ( tra l’altro totalmente inerti e non pericolosi per la salute pubblica) di quanto non riescano a fare i termovalorizzatori.

Ma non solo, perché negli stessi impianti è possibile  trasformare la frazione secca e non differenziabile dei rifiuti (selezionata anch’essa durante il processo di vagliatura) in CDR (combustibile derivato dai rifiuti).

In questo caso, per smaltire il CDR prodotto, ai tanto declamati inceneritori sono da preferirsi i “pirolizzatori (molto diffusi nel resto del mondo e chiamati anche “dissociatori molecolari”), ossia impianti simili ai gassificatori  ma che, lavorando a temperature inferiori ai 400°C e in totale assenza di aria, consentono di  ridurre di oltre cento volte l'emissione di polveri sottili e nanopolveri, permettono la riduzione di ossidi di azoto e metalli pesanti, e una concentrazione di diossina e furani al disotto dei valori misurabili.

Va infatti evidenziato che a temperature comprese tra 400 e 800 °C si ha una forte produzione di diossina, ma a temperature superiori agli 800°C si ha una forte produzione di nanopolveri, responsabili di malattie respiratorie e tumori.

Tali impianti, utilizzando la “dissociazione molecolare”, trasformano i rifiuti in un “gas di sintesi” da utilizzare per produrre energia elettrica e calore, con rendimenti superiori a quelli di un inceneritore ma a un costo (sia di costruzione che di gestione) decisamente più basso.

Infine consentono una produzione di scorie enormemente minore rispetto a un inceneritore: mediante questi impianti viene inviato in discarica soltanto il 3% (contro il 30% degli inceneritori) dei rifiuti introdotti.

Di tali impianti è possibile costruirne anche più di uno nella stessa provincia, in particolare vicino agli impianti di TMB stessi: i “pirolizzatori” (ma anche i gassificatori), infatti, sono impiantisticamente molto versatili, ossia è possibile proporzionarli alla reale quantità di CDR prodotto. In questo modo si va ad evitare anche l’inquinamento dovuto al trasporto del CDR per  smaltirlo nell’impianto stesso.

 
Alla luce di tutto questo non ha più senso anche solo parlare di inceneritori.

Le migliori tecnologie da adottare per una corretta chiusura del ciclo dei rifiuti sono, sotto tutti i punti di vista, gli Impianti di TMB uniti, eventualmente, a pirolizzatori.

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