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Senza informazione libera non c’è democrazia…

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  1. giucap ha detto:

    Un demagogo che spara le sue verità ed i suoi predicozzi senza mai prestarsi al contradittorio non può ergersi a paladino della democrazia.

    Un qualunquista che associa il non voto al voto informato, fingendo di ignorare la quota fisiologica di astensione per poi magari passarla come sua forza elettorale, non sa neanche dove sta di casa la democrazia.

    Un finto moralizzatore che si arroga il diritto di dare patenti di moralità (ma a lui chi l'ha data?) non conosce nemmeno l'abc della democrazia.

    Un gattopardo che soffia fumo negli occhi e, esasperando il rancore dei delusi (che tanto la colpa è sempre degli altri e mai la propria), spegne la luce della ragione affinché tutti i gatti diventino bigi non può proporre lezioni di democrazia.

    Mi scuso per il tono assertivo, che non mi è proprio, ma ho solo scimmiottato il Profeta Isaia de noantri.

    Giulio

     

  2. Salvatore ha detto:

    Caro Giulio,

    abbiamo capito che Beppe Grillo non ti pice! Però devi riconoscere che il "successo" di Grillo è figlio del degrado politico morale, economico, sociale, culturale e materiale in cui versa la nostra povera Italia. Grillo non sarà certamente un dispensatore di democrazia, ma a me sembra un ottimo "termometro" dell'esasperazione popolare.

    Salvatore

  3. Kla ha detto:

    Giulio, Condivido le tue affermazioni ma non concordo con il tuo scimmiottamento del Profeta Isaia (anche se de noantri).

    Scomodare anche solo il nome di un Profeta per Grillo mi sembra eccessivo.

    Ha ragione Salvatore Grillo come "termometro" e basta ce lo vedo bene anch'io.

    Salutoni

     

  4. giucap ha detto:

    Non si parlerebbe di Grillo, anche all'estero, se non ci fossero tanti "grillini" e soprattutto se la situazione non fosse quella che è.

    Il mio modesto intervento non voleva certo negare questa semplice constatazione dei fatti.

    Poi c'è modo e modo di espletare il ruolo di "termometro". Direi che Salvatore ha colto nel segno affermando che a me Grillo e il grillismo non piacciono proprio.

    Il problema è sempre quello di passare dalla protesta alla proposta: è lì che casca il somarello (sperando che non si faccia male, chè a me i somarelli stanno molto simpatici)

    G

  5. MarmaLT ha detto:

    Credo e ci sono riuscito a suscitare l'attenzione attorno a Grillo, non per quello che dice ma per quello che è riuscito a suscitare, un senso di rivolta verso una classae politica adagiata.. io voterò per quello che lui chiama "Topo Giogio", altri voteranno "Testa d'asfalto " …o lo Psiconano. Il 'termometro' della esasperazione per la politica non sarebbe esploso se non avvesse urlato nelle Piazze di tutta Italia il suo vaffan…. Dunque? Grazie Grillo per aver provocato simile terremoto… ma io voterò secondo coscenza.

    P.S. Ma perchè ve la prendete tanto con Lui e non con quelli che hanno fatto della politica una grande porcata, sperperando i nostri soldi e ce li troveremo a doverli votare ci piaccia o no ?

    Misteri della nostra mente tutta all'italiana..

  6. giucap ha detto:

    Continuo a pensare che Grillo non sia la causa della rivolta antipolitica bensì l'effetto, o meglio l'indicatore (il c.d. termometro, appunto) del progressivo degrado che la vita civile e politica del Paese sta conoscendo.

    Per cultura riformista ritengo che le grida di piazza non portino da nessuna parte, che non esistono panaceee né depositari di verità e che buttarla in caciara serva solo al demagogo di turno per atteggiarsi a Masaniello (e sappiamo come finì quella storia).

    Magari fregiarci del titolo di "grillini" ci fa sentire migliori, dalla parte "giusta", ma non credo che contribuisca a cambiare in meglio le cose.

    Cambiare tutto perché nulla cambi, non a caso nel mio primo post sull'argomento (che brutta cosa l'autocitazione) l'ho chiamato gattopardo.

    Quanto a prendersela con chi ha contribuito a portare la situazione a questo punto, sono tanti e tali (a cominciare da noialtri comuni cittadini che ci atteggiamo a verginelle smarrite) che si fa prima a prendersela con chi specula su questa infelice situazione.

    Giulio

     

  7. MarmaLT ha detto:

    Caro Giulio, in questa città per non lamentarsi e/o come dici tu, per non 'buttarla in caciara', certa gente ha fatto il brutto e cattivo tempo, ha condizionato il territorio e ne ha fatto scempio in nostro danno… non siamo verginelle, ma abbiamo occhi per vedere, orecchie per ascoltare e cervello per capire… Ora la diplomazia serve a chi comprende i canoni del reciproco rispetto, ma per  chi vuole prevaricare l'altro non si possono usare i guanti di velluto. Ora se noi dobbiamo sentirci colpevoli di quello che accade nelle stanze del Palazzo a Roma, ma anche in quelle meno importanti di Latina, beh! Non ci stò! Credo di incominciare a leggere fra le righe dei tuoi interventi. Non ti conosco personalmente, ma credo che, se sei vissuto negli ultimi 30 anni a Latina, avrai letto delle mie vicissitudini, dal lontano luglio 1978 ad oggi… non sono certo una verginella, ma caso mai come mi chiama scherzosamente un amico "Una vecchia Tr..a" alludendo alla mia costanza e testardaggine.

    Senza informazione libera non c'è democrazia.

  8. Stevejo ha detto:

    Io, sinceramente, sono uno di quelli che vede Beppe Grillo certamente come un grande comico; allo stesso tempo, però, vedo spesso in lui un populismo che a volte diventa veramente eccessivo.

    Ciò nonostante va dato atto a Beppe Grillo di essere stato uno dei primi a parlare di condannati in parlamento sollevandone il problema. E' stato l'unico, a suo tempo, a dare visibilità a Travaglio, e a permettergli di diffondere tante verità mai dette dai giornali e dalle reti televisive italiane.

    Forse questi fatti erano cmq noti agli addetti ai lavori (compresi giornalisti e politici), ma certamente non lo erano per la maggior parte delle persone.  E' stato anche l'unico a dare voce a Montanari riguardo i problemi degli inceneritori, e a dare voce a molte altre cose più o meno importanti che altrimenti sarebbero rimaste ignote ai più.

    Certo poi, almeno a me, non piacciono molte altre sue iniziative, come quella delle liste Grillo0: alla fine ricalcano la struttura stessa dei partiti che si demonizzano (più o meno giustamente) e si vogliono cambiare. Insomma, si propone come soluzione una ricetta che è la stessa del male che si vuole curare. E questo non ha molto senso.

    Come non ha avuto senso il suo atteggiamento davanti a molte iniziative portate avanti dagli stessi meetup (e grillini) ma mai pubblicizzate da lui: basti vedere la petizione nazionale per la class action portata avanti dai meet-up senza il suo sostegno, più volte chiesto ma mai dato. Però poi ne parlava ai suoi spettacoli, portandola avanti, si, ma con il suo nome.

    Insomma, ottimo comico, e ottimissima cassa di risonanza per molte questioni che altrimenti rimarrebbero non note (e di questo gli va dato atto).

    Però mi pare un pò troppo accentratore, mi pare a volte finisca per  voler catalizzare troppo l'attenzione sul suo personaggio e sulla sua immagine, come se le cose che dice le usi a volte per aumentare la sua popolarità. E questo è veramente un peccato.

    Senza contare la censura che viene spesso usata contro alcuni messaggi che appaiono nel suo blog. Cosa che è in contraddizione con quello che dice.

    Detto questo, concordo anche io che senza libera informazione non c'è democrazia, concordo che esiste un problema legato all'informazione in Italia e al fatto che troppi giornali (tutti?) non sono veramente liberi di dare le corrette notizie.

    Non sono però d'accordo con la soluzione  che propone grillo: togliere i finanziamenti pubblici ai girnali significa veramente limitare ancora di più l'informazione, lasciandola appannaggio soltanto dei ricchi, delle lobby e di chi può permettersi di fare l'editore.

    Forse sarebbe meglio rendere questi finanziamnti pubblici veramente tali, ossia renderli ottenibili da chiunque senza dover avere le solite raccomandazioni politiche…ovviamente con la clausola che il giornale che ottiene questi finanziamenti deve avere un numero minimo di copie vendute ogni giorno (il che è diverso dal dire che il giornale deve avere un numero minimo di tiratura…perchè non tutte le copie stampate vengono poi comprate, mentre la maggior parte va al macero..e con lei i nostri soldi)

     

    Un salutone,

    Stefano 

  9. giucap ha detto:

    Caro Mario,

    lungi da me l'idea di attribuire presunte verginità a chicchessia, te incluso. La mia era solo una metafora generica, forse troppo, a significare che ciascuno dovrebbe magari anche farsi un esame di coscienza, invece di attribuire aprioristicamente tutte le responsabilità ad altri (sport ahimé troppo diffuso). Dopodiché ci sono differenze abissali nei diversi gradi di responsabilità, ad esempio tra Riina e chi lo ha preso, tra … lo stalliere Mangano e Falcone.

    Consentimi però di richiamare l'antico detto del "chi è senza peccato …", perché aiuta anche ad umanizzare i comportamenti di tutti, giusti o sbagliati che siano.

    Sarei curioso di capire cosa hai letto tra le righe dei miei post, io ci vedo solo spazi bianchi e al limite una sequela di banalità.

    Comunque sottoscrivo senza riserve l'affermazione che dà il titolo a questo forum, e che hai correttamente richiamato in giallo alla fine del tuo messaggio.

    Giulio

     

     

  10. giucap ha detto:

    Ho trovato questo articolo stamattina, quindi non posso essere accusato di plagio.

    Mi sembra interessante, trattando di argomenti contigui e di atteggiamenti che sono stati in parte dibattuti su questo forum.

    Giulio

    Il popolo antiracket e Mangano "l'eroe"
    di GIUSEPPE D'AVANZO

    I movimenti sociali sono energia che chiede di essere organizzata. Esprimono una vitalità che spezza l'oppressiva costrizione dell'abitudine. Che frantuma le ordinarie rappresentazioni collettive per aprirne di nuove – impreviste e inattese, fino a quel momento. I movimenti sociali possono mettere in moto un cambiamento brusco, addirittura "rivoluzionario". Rappresentano, per la vita sociale, per la comunità, per le istituzioni e le élites politiche che le governano, una sorprendente occasione.

    Annunciano quel che Emile Durkheim definiva "un periodo creativo": il tempo in cui gli interessi individuali – e di gruppo – vengono messi provvisoriamente da parte e inaspettati attori, diventati "complici" di un'azione collettiva, chiedono "un nuovo ordine della vita"; un altro sistema di valori; più moderne morfologie sociali; una nuova "grammatica" pubblica. Il movimento contro il pizzo, le estorsioni, il racket mafioso non è altro che questo: una forma di solidarietà che chiede di liberare la vita sociale dalla violenza, dalla paura, dall'angheria per ottenere più qualità dell'esistenza, più eguaglianza nelle opportunità, più diritti, rispetto dei doveri, maggiori chances di realizzazione individuale. L'antiracket che oggi vede collegati, in uno stesso reticolo sociale, il pizzicagnolo e la Confindustria, la microimpresa artigiana e la Confcommercio, è la più stupefacente novità politica degli ultimi anni. È il sintomo che nella nostra società esistono costituenti sani che vogliono prevalere sugli agenti "patologici". Solo Berlusconi non lo comprende. Al di là dell'indignazione che sollecita sentir dire "eroe" un mafioso come Vittorio Mangano in una terra dove gli eroi sono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, l'elogio deforme del Cavaliere svela quanto egli sia conservatore, il custode di un "sistema Italia" che non ha futuro (quale futuro può avere il Paese con un Mezzogiorno schiacciato dalle mafie?); prigioniero di un interesse esclusivamente elettoralistico (la mafia vota); incapace di un disegno modernizzatore di medio e lungo periodo (l'antiracket lo è).

    Sempre, però, i movimenti anche i più energici devono guardarsi dalle debolezze che incubano. L'antiracket non fa eccezione. È storia di questi giorni. Un imprenditore siciliano emigrato a Brescia denuncia una richiesta di tangenti da parte di dirigenti della Federazione antiracket (Fai) che lo hanno assistito nella richiesta degli aiuti previsti dallo Stato a favore degli imprenditori vittime del pizzo.

    L'accusa viene lanciata prima da una piccola televisione agrigentina (e l'accusatore viene denunciato per calunnia), poi lievita. Rotola addirittura sulla pagine dell'Espresso. Coinvolge il presidente onorario della Fai, Tano Grasso. La denuncia dell'imprenditore, già indagato egli stesso per estorsione, appare volatile. Molte incongruenze. Circostanze decisamente infondate, anche soltanto a una prima verifica. Una scena priva di puntelli che comunque tocca alla magistratura accertare. Tano Grasso riceve l'apprezzamento e la solidarietà di Giuliano Amato, di don Luigi Ciotti, Pina Maisano (la vedova di Libero Grassi), Vincenzo Consolo, del presidente della commissione antimafia Francesco Forgione, di vittime del racket come Silvana Fucito e Vincenzo Conticello, soltanto per fare qualche nome tra le centinaia.

    Il problema non è difendere Tano Grasso da un'accusa ingiusta. Grasso si tutela da solo. È difeso soprattutto dalla sua storia, dai comportamenti quotidiani, dai risultati delle sue fatiche, dalle difficoltà che il suo metodo di lavoro crea ai mafiosi, nei tribunali e non nei convegni. Più interessante è qui notare come una piccola e assai dubbia storia, nata male e cresciuta peggio, possa avere acceso una infuocata polemica nel mondo dell'antimafia. Si è letto di un Grasso simbolo dell'antimafia di regime, di una casta che si appropria di spazi pubblici recitando le movenze di un artificioso contropotere fino a concludere spensieratamente che il pizzo non è il momento essenziale della sfida alle mafie. Chiunque legga di mafia, anche soltanto distrattamente, sa come l'estorsione non sia semplicemente una delle attività illecite di Cosa Nostra: è l'attività principale, lo strumento irrinunciabile per controllare il territorio e governare chi lo abita. Se si vuole combinare qualcosa contro la mafia è da lì che bisogna muovere. Dinanzi a tanta leggerezza culturale e ostilità personale e politica è utile chiedersi che cosa produca quel furore accusatorio, che cos'è – e quale natura ha – quella secrezione sciagurata che, periodicamente, scuote il movimento antimafia, creando conflitti fraterni, velenosi, autodistruttivi, tanto più infelici oggi che la mafia appare debole e forte e diffusa la determinazione di chi vuole liberarsene.

    Se soltanto si guarda meglio in quel movimento che si oppone ai poteri criminali non si farà fatica a scorgere come sia attraversato non soltanto da quella speranza di futuro coltivata dagli attori dell'antiracket, ma in molti angoli da una "memoria infetta", da "un'impotenza prolungata", dalle ferite del passato, dal ricordo che non si acquieta delle umiliazioni subite, delle aspettative disattese; da un inestinguibile rancore per le ingiustizie patite. In una parola, da un risentimento che invoca più che un futuro possibile, la vendetta per il passato. Naturalmente c'è chi di questo risentimento ha fatto affare e rendita, ma coloro che sono in buona fede – animati da quel cieco, sfiduciato rancore – costruiscono un'identità di gruppo monolitica, totalmente autoreferenziale, che esclude ogni dialettica, confronto, ogni critica, addirittura ogni miglioramento della situazione. Intrappolati in queste mura, ogni passo in avanti appare una resa. Ogni sentiero praticabile, una liquidazione. Ogni soluzione possibile, una minaccia da cui difendersi. Ogni pur parziale successo, una sfida che provoca esplosioni di odio incontrollato che si scarica curiosamente non contro gli avversari dichiarati (mafiosi, amici dei mafiosi), ma più violentemente contro chi, nello stesso campo, non ha sempre opinioni che coincidono con i Risentiti (il risentimento provoca un odio paranoide "per il simile, non è odio per la differenza"). Ogni risultato, ogni convinzione "differente" appare al Partito e alle Agenzie del Risentimento un'impurità e impone azione. Prescrive che quel rancore distilli calunnia, menzogna, maldicenza. Diffamando si distrugge una reputazione, si "sporca" la rispettabilità, si ferisce (ne fu martire proverbiale Giovanni Falcone), ma che importa? Si devono scovare ed estirpare come un cancro maligno le eresie, combattere in una crociata quotidiana le potenze malefiche che le alimentano, così che ai Risentiti appare sciocco attardarsi in scrupoli. L'esito è paradossale. L'antimafia del Risentimento – declinata ora con i canoni della demagogia, ora con un estremismo astratto – ha la stessa natura del conservatorismo di Berlusconi. Lascia tutto com'è.

  11. MarmaLT ha detto:

    La leggenda della Maddalena e del… chi è senza peccato lanci la prima pietra è antica ma non risolve. Ci sono peccati e peccati… ci sono responsabilità e responsabilità. Certo umanizza, ma sercve più a chi è assassino che a chi a rubato una mela per darla a mangiare al figlio affamato… illegalità entrambi, certo… ma non venite a dirmi che nell'uno e nell'altro caso hanno peccato. Spero di essere stato meteforicamente chiaro ed aver risposto…. poi non ci sono problemi, almeno spero.

  12. giucap ha detto:

    Nessun problema, e nessuna intenzione di risolvere (magari fosse così semplice!).

    Mi sembra che negli esempi che ho portato ci fossero già gradi diversi di responsabilità, addirittura estremizzati.

    La mia visione però è che la coscienza umana è fatta di materiale molto elastico: togliendo la testa e la coda (come per la grappa) nei comportamenti comuni in genere si tende a vedere le magagne altrui come gravi, minimizzando e giustificando le proprie. Con le dovute eccezioni, a scanso di equivoci.

    Tornando al tema, gli antipolitici "rancorosi" (per usare l'espressione del giornalista) appaiono come indignati in servizio permanente effettivo, sempre pronti ad additare i comportamenti altrui ma magari indulgenti verso i propri.

    Quanti di quelli che tiravano le monetine a Craxi o sventolavano cappi oggi sbraitano contro il giustizialismo?

    Diciamo che a me le minoranze rumorose che si muovono sull'onda emotiva fanno un po' paura e quindi guardo al fenomeno con diffidenza più che con simpatia.

    Good night

    Giulio