Archivio Giornaliero: Giugno 9, 2007

Bollettino ADAPT (legge Marco Biagi)

 ADAPT

Bollettino 8 giugno 2007, n. 23

www.fmb.unimore.it

Beppe Grillo e la Legge Biagi. Quando i tribuni del popolo non sanno contare … e, se sanno

contare, sono in malafede

Sarà sicuramente stata una curiosa coincidenza. Ci ha molto colpiti, tuttavia, il fatto che, negli

stessi giorni in cui a L’Aquila, Bologna e Modena si registravano manifestazioni e messaggi di

solidarietà a favore degli assassini di Marco Biagi, il blog di Beppe Grillo pubblicasse

l’introduzione al libro Schiavi moderni, scritto dallo stesso Grillo, «accompagnato da una delle

centinaia di testimonianze raccolte, in Precario in Antartide», postata il 21 febbraio 2006 (ampiadocumentazione di tutto ciò è, a seguire, su questo stesso numero del

boll. Adapt).

Di questo libro ce ne eravamo già accorti qualche settimana fa. Ce lo aveva infatti

tempestivamente segnalato, con tono trionfale, un signore toscano che accompagnava l’invio del

volume al nostro indirizzo di posta elettronica con questo secco messaggio «Grazie Marco, sarai

sempre in tutti i cuori dei disoccupati».

Di messaggi provocatori, o anche offensivi, ne riceviamo di tanto in tanto; fortunatamente poca

cosa, almeno rispetto alle numerose lettere di sostegno e solidarietà. Negli ultimi giorni non sono

neppure mancati messaggi di ben altra natura e valenza intimidatoria. La nostra scelta è stata

sempre quella di non replicare e continuare serenamente nel nostro lavoro di informazione e

documentazione al servizio di tutti gli operatori del mercato del lavoro. Questa volta tuttavia,

proprio per questa singolare coincidenza, non possiamo non spendere due parole a commento di

quanto pubblicato sul blog di Beppe Grillo. Perché delle due l’una. O Grillo non sa contare

oppure, se sa contare, è chiaramente in mala fede. In ogni caso il risultato pratico non cambia

affatto. Con tutte le buone intenzioni che possiamo riconoscere a un personaggio famoso e anche

simpatico come Beppe Grillo, il risultato è infatti quello di contribuire pesantemente a una

campagna di mistificazione sulla Legge Biagi e sui reali problemi del nostro mercato del lavoro. Si

parte infatti da una situazione di disagio vera ma poi, in modo del tutto sbrigativo e scorretto, si

afferma che è tutta colpa della Legge Biagi. E lo si fa con atteggiamento distruttivo, come se prima

di questa legge vi fosse stato il Paradiso, senza fornire una sola idea concreta – e praticabile – per

contribuire a risolvere i gravi problemi del nostro mercato del lavoro.

Come prova «lampante» dei misfatti della Legge Biagi – quella legge che, per Grillo, ha inventato

il precariato, e cioè quella «moderna peste bubbonica che colpisce i lavoratori (che) prima non

c’era, adesso c’è» (sic!) – si riporta la testimonianza di un ragazzo che però, se leggiamo con

attenzione, ha iniziato le sue peripezie nel mercato del lavoro nel lontano 1994. Ebbene, a noi

risulta che la Legge Biagi sia entrata in vigore nel 2003. Qualcuno allora non sa contare o, siamo

costretti a ripeterci, se sa contare è chiaramente in mala fede. Ma c’è di più. Questo ragazzo cita

anche il caso, più recente, della fidanzata, che «lavora gratis, da più di un anno» nella Pubblica

Amministrazione «con una promessa di avere un contratto Biagi!». Forse il ragazzo non lo sa, ma

il Tribuno del popolo dovrebbe saperlo. La Biagi non trova applicazione nella Pubblica

Amministrazione! E questo forse spiega perché, a nostro avviso, il vero precariato non si trova

tanto nel settore privato, ma piuttosto in quello pubblico (su questo capitolo rinviamo però

all’amico Pietro Ichino, perché per noi è già troppo stare dietro alla Legge Biagi).

Certo, avremmo potuto fare finta di niente anche questa volta, e stare zitti, consapevoli che sfidare

i Tribuni del popolo è sempre difficile se non impossibile. Si tratta pur sempre di potenti, e Beppe

Grillo è sicuramente un uomo non solo influente, ma anche molto potente (la «multinazionale dei

furbastri», direbbe in questo caso una nostra cara amica). E così abbiamo fatto, in questi giorni,

cercando di consolarci con il recente rapporto Ocse sull’Italia, dove si legge a chiare lettere che le

riforme del lavoro degli ultimi anni hanno contribuito «in modo impressionante» (non da sole,

ovviamente) a creare oltre due milioni e mezzo di posti di lavoro. E non è solo una questione di

Bollettino 8 giugno 2007, n. 23

www.fmb.unimore.it

lotta alla disoccupazione, come tutti ritengono. Due milioni e mezzo di posti di lavoro in più si

traducono anche in maggiore capitale umano, in persone che pagano regolarmente tasse e

contributi, in maggiori consumi. In una parola, in una maggiore crescita del PIL, come noi

sosteniamo da anni e come riconosce oggi l’Ocse quando afferma che la ripresa, «che in parte

riflette una domanda estera in ebollizione» e quindi «è congiunturale», «è anche il frutto di un

miglioramento più ampio, in particolare sul fronte delle esportazioni e del mercato del lavoro».

Alla luce di quanto è successo in questi giorni il punto però è un altro, e va documentato, perché le

parole sono dure come le pietre e certe pietre, se raccolte e scagliate da persone prive di scrupoli o

accecate dalla ideologia, non solo fanno male ma possono anche uccidere.

Tutti sono liberi di pensare quello che credono della Legge Biagi e ovviamente anche di

contestarla e disprezzarla. Sarebbe però importante intervenire su questo tema così complesso e

delicato solo quando si ha qualcosa di valido e serio da sostenere. Messaggi deresponsabilizzanti e

mistificatori, che esasperano gli animi, non solo non aiutano a risolvere i problemi, ma possono

anche convincere qualcuno, come di fatto è avvenuto, che tutto sommato la morte di Marco Biagi

era un qualcosa di scontato e comprensibile.

Ci sono vari modi di solidarizzare con chi ha ucciso Marco Biagi. Uno di questi, a nostro avviso

tra i peggiori, è quello di manipolare la verità.

Michele Tiraboschi

([email protected])