PROTOCOLLO DI KYOTO: LATINA POTREBBE GUADAGNARE OLTRE 2.000.000 DI EURO ALL\'ANNO.
Con l’entrata in vigore del “Protocollo di Kyoto”, i paesi membri dell’UE si sono impegnati a ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2), mediamente dell’ 8% (rispetto ai valori attuali) entro il 2012.
Per incentivare tali riduzioni, si è pensato di dare un “costo” all’inquinamento, ossia alle tonnellate di “CO2” emesse nell’arco dell’anno: ogni paese che riuscirà a ridurre le proprie emissioni più della percentuale pattuita (8%) acquisirà dei “crediti di emissione” che potrà rivendere a quei paesi che non riusciranno a raggiungere questa soglia (e che, per questo, matureranno dei “debiti di emissione”).
Tali paesi “debitori”, pur di non pagare le multe salate previste per chi non adempie agli obblighi del Trattato, saranno costretti a comprare questi “crediti di emissioni”.
La commercializzazione delle emissioni andrà quindi a beneficio dei paesi “virtuosi” e a danno (come è giusto che sia) di quelli inadempienti.
L’Italia, dal canto suo, si è impegnata a ridurre le proprie emissioni del 6,5% entro il 2012: se non riuscirà (come è probabile che sia, vista la totale assenza di provvedimenti e di misure in questo senso) ad adempiere a tali obblighi sarà costretta a comprare tali “crediti di emissione” da altri paesi.
Ma il “Paese Italia” è composto da Regioni, Province, Comuni.
Se l’Italia deve diminuire le emissioni dell’ 8%, a loro volta devono farlo le Regioni e quindi le Province, e quindi i Comuni. La “Compra-Vendita” di crediti di emissione si instaurerà, quindi, anche tra queste “Entità”: i Comuni più virtuosi, ad esempio, potranno vendere i propri “diritti di emissione” a Regioni, Province o altri Comuni che risulteranno inadempienti.
Ma, alla base della “piramide” ci sono sempre e comunque i cittadini: se un Comune, una Regione o una Provincia (e quindi le relative amministrazioni) non riuscirà ad adempiere a tali obblighi, chi ne farà le spese saranno i cittadini, che saranno costretti a pagare nuove tasse per l’inquinamento. Viceversa, i cittadini di un comune “virtuoso” potranno beneficiare, ad esempio sottoforma di tagli alle tasse, dei guadagni derivanti dalla vendita dei “diritti di emissioni” fatta dal comune di appartenenza.
A questo punto è proprio il caso si chiederci: e Latina?
La città di Latina, se continua così, sarà uno di quei comuni che dovranno pagare (e salato) per acquistare “crediti di emissione”. Poco o nulla, infatti, è stato fatto dalla nostra amministrazione per ridurre le emissioni di CO2. Basti pensare che gli unici autobus ecologici acquistati dal Comune (6 in tutto) sono rimasti inutilizzati nel deposito.
Eppure l’ amministrazione comunale potrebbe (e dovrebbe) fare tantissimo per ridurre le emissioni.
Anche perché ridurre le emissioni significa, oltre che investire nelle fonti rinnovabili, risparmiare in consumi, sia energetici che idrici.
Ne consegue che il risparmio energetico è oggi doppiamente conveniente, in quanto fa risparmiare soldi sulle bollette e, riducendo le emissioni di CO2, fa guadagnare dalla vendita dei “crediti di emissione” (all’attuale prezzo di mercato valgono 20 €/tonnellata CO2 risparmiata).
Infatti non dobbiamo dimenticare che la maggior parte dell’energia è oggi prodotta da fonti inquinanti: diminuire i consumi significa quindi diminuire le emissioni dovute alla produzione di energia elettrica.
Dalla tabella in figura 1 si vede che, ad esempio, il comune di Latina, consuma 9.672.755 Kwh/anno per la sola illuminazione pubblica, per la quale utilizza normali “lampade ai vapori di mercurio”(foto2).
Tali lampade, che consumano 250 W l’una, hanno in più il difetto di disperdere verso l’alto più del 30% della luce prodotta, causando (oltre allo spreco) un forte inquinamento luminoso (causa della ridotta visibilità della volta celeste).
Eppure, da diversi anni, sono in commercio “lampade al sodio a bassa/alta pressione schermate”(*)(foto3), che, oltre a impedire la dispersione di luce verso l’alto, producono la stessa illuminazione (delle attuali lampade), permettono una riduzione del 60-75% dei consumi (consumano appena 70-100W) e hanno una durata 6 volte maggiore rispetto alle normali lampade.
Sostituendo le attuali lampade con quelle al “sodio schermato”, il Comune di Latina risparmierebbe almeno 5.803.653 Kwh/anno per la sola illuminazione pubblica.
Il che significa un risparmio di almeno 600.000 euro all’anno per la sola illuminazione pubblica. (**)
A questo risparmio economico si aggiungerebbe poi la totale eliminazione dell’inquinamento luminoso che consentirebbe un’ottimale visione del cielo: il che potrebbe tradursi, per il territorio di Latina, in un nuovo tipo di attrattiva, specialmente per gli astronomi dilettanti e professionisti.
Ma è possibile fare un identico discorso per gli impianti semaforici.
Quelli attuali, con lampade ad incandescenza, sono caratterizzati da un alto consumo energetico ( 2,5 KWh), da alti costi di manutenzione (hanno una breve vita media, 1-2 anni e necessità di cambiare, ad ogni sostituzione, tutte le lampade) e da un basso contrasto della luce accesa (a causa del quale spesso, specie se controluce, non si riesce a capire se il semaforo è rosso o verde).
Ma anche per gli impianti semaforici, da più di dieci anni, sono in commercio lampade a LED a basso consumo(foto4): sono lampade formate da un elevato numero (50-200, a seconda del colore) di LED ad alta luminosità, disponibili nei colori rosso, giallo e verde.
Una singola lampada è quindi composta da un centinaio di “pixel” (o punti luce) che opera alla normale tensione di rete e che può essere montata in sostituzione delle tradizionali lampade ad incandescenza.
Secondo diversi studi, tra cui quello dell’istituto IMEM-CNR di Parma:
http://www.fis.unipr.it/sustainability/download/tesi/lampade_semaforiche_a_basso_consumo_energetico.pdf
l’utilizzo di luci semaforiche di questo tipo consentirebbe un risparmio energetico del 70 – 85% (consumano appena 0,4 KWh) e un’elevata diminuzione dei costi di manutenzione (la vita media è di circa 10 anni e, anche nel caso si rompano anzi tempo più LED contemporaneamente, non è necessaria la sostituzione della lampada, in quanto l’elevato numero dei LED rimanenti né consentirebbe ancora l’utilizzo).
La sicurezza stradale, inoltre, aumenterebbe, sia perché non si rischierebbe più di trovare un incrocio privo della corretta segnalazione luminosa, sia perché tali lampade consentono una illuminazione molto più brillante, chiaramente visibile sia “contro-luce” che in caso di nebbia.
La città di Latina, per i soli impianti semaforici, consuma (dati 2003) 530.795 Kwh/anno.
La sostituzione degli attuali impianti semaforici comporterebbe un risparmio di 398.096 Kwh/anno il che significa un risparmio di almeno 40.000 euro all’anno per i soli impianti semaforici (**).
Ma non è tutto. Perché a tutti questi vantaggi, soprattutto economici, si aggiungerebbe il guadagno, di diverse migliaia di euro, derivante dalla vendita dei “diritti di emissione” acquisiti per l’aver diminuito, mediante il risparmio energetico, le emissioni di CO2.
Basti pensare, ad esempio, che ogni 100.000 lampade ai vapori di mercurio sostituite, si risparmiano circa 60 GWh/anno che, se prodotti tramite centrali termoelettriche tradizionali, significano circa 100.000 barili di petrolio all\'anno in meno.
E’ facile capire, quindi, come prendendo questi semplici provvedimenti, si potrebbe arrivare a risparmiare diverse centinaia di migliaia di euro all’anno.
Il maggior costo di queste lampade a risparmio energetico (specialmente gli impianti semaforici a LED hanno un costo 20 volte superiore alle normali lampade a incandescenza) verrebbe quindi ammortizzato assai rapidamente, visti il bassissimo consumo energetico, la longevità record e la minor manutenzione necessaria.
Ma non è finita qui.
Perché investendo i soldi derivanti da questo risparmio energetico in altre fonti rinnovabili, si instaurerebbe un circolo virtuoso che porterebbe a un sempre crescente guadagno, derivante sia dal risparmio energetico che dalla vendita dei “diritti di emissione”.
Si potrebbero installare, ad esempio, pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici pubblici, andando così a ridurre fortemente (o addirittura ad eliminare del tutto) il restante 46% dei consumi energetici per le utenze e i servizi comunali (pari a 8.216.323 Kwh/anno).
Producendo anche “solo” il 50% del restante fabbisogno comunale mediante pannelli solari, dal solo risparmio energetico, il guadagno per l’amministrazione comunale potrebbe arrivare ad ulteriori 1.600.000 euro all’anno(***).
Considerando che il costo dei pannelli fotovoltaici viene ammortizzato in 6-8 anni, e che la vita media di un impianto fotovoltaico supera i 30 anni, è immediato comprendere quale incredibile opportunità di guadagno i nostri amministratori stiano gettando al vento.
E, ancora, si potrebbero investire quei soldi nell’acquisto di autobus ecologici in numero tale da sostituire l’attuale parco macchine comunale.
Oppure (ma, visto che stiamo parlando di cifre importanti ,sarebbe il caso di dire “anche”) si potrebbe applicare il commercio dei “diritti di emissione” anche nel rapporto tra comune e cittadino: l’amministrazione potrebbe attuare una politica per la quale i cittadini che investono nelle fonti rinnovabili (pannelli fotovoltaici) o in risparmio energetico (elettrodomestici e caldaie a basso consumo, riduttori di flusso, etc..), oltre al risparmio sulle bollette che ne deriverebbe loro, potrebbero beneficiare di riduzioni dell’ICI (o di altre tasse) a fronte della vendita, al Comune, dei “diritti di emissione” acquisiti dall’aver ridotto le loro emissioni di CO2. A sua volta l’amministrazione potrebbe vendere tali “diritti” ad altri comuni, o province o regioni.
E, continuando, si potrebbero sostituire le (probabilmente obsolete) caldaie degli edifici pubblici (scuole, enti comunali, etc..) con altre nuove e a basso consumo.
E, ancora, si potrebbero obbligare i costruttori di nuovi palazzi a installare da subito impianti solari sui tetti degli edifici costruiti. Tale spesa, ripartita sui costi di ogni appartamento, risulterebbe praticamente trascurabile (oggi a latina gli appartamenti arrivano a costare anche 600.000 euro…non dimentichiamolo).
Infine, ma non certo perché meno importante, non si può non tenere conto del contributo dato dalla riqualificazione del verde urbano alla riduzione delle emissioni di CO2.
Secondo uno studio della regione Lombardia, ad esempio, grazie alla fotosintesi, 1 ha (ettaro) di prato verde (si badi bene: “verde”, non “secco”) assorbe 5 tonnellate di CO2 all’anno e 1 ha di pioppeto 20 t. Grazie alla vendita dei “diritti di emissione”, 1 ha di prato verde permanente, ad esempio, varrebbe, in CO2, 2500 €/anno.
Ecco quindi come, il solo mantenere curati i prati cittadini, può portare a un discreto guadagno, che ripagherebbe ampiamente delle spese sostenute.
In definitiva, abbattere l\'inquinamento, per rispettare il protocollo di Kyoto, non vuol dire chiudere le fabbriche e lasciare le auto nei garage. Significa migliorare le cose che facciamo, produrre e consumare meglio, in modo più razionale, spendendo possibilmente di meno. Non dobbiamo diventare ascetici per salvarci, dobbiamo diventare più colti, più innovativi, più coraggiosi. Ma soprattutto non dobbiamo perdere l’incredibile opportunità di guadagno che deriva proprio dal risparmio energetico: complessivamente, per Latina, si potrebbero superare tranquillamente i 2.200.000 di euro all’anno.
NOTE:
(*) Le lampade al sodio a bassa pressione hanno minori consumi di quelle a alta pressione, ma hanno il difetto di avere una luce monocromatica, rendendo NON distinguibili i colori. Pertanto si usa alternare lampade a bassa e alta pressione (cmq più efficienti delle normali), così da avere risparmio energetico e mantenere la percezione dei colori inalterata.
(**) Ho calcolato questa cifra prendendo il costo di 1 Kwh, per le amministrazioni comunali, pari a 0.10 €/kwh. Ma è ragionevole pensare che tale costo possa essere anche più alto.
Inoltre l’ho calcolata utilizzando la percentuale più bassa di risparmio energetico ottenuto. In realtà, sulla rete, è possibile vedere che il risparmio energetico potrebbe essere molto più alto, sia per le lampade al sodio che per gli impianti semaforici a LED.
Come dire, realisticamente le previsioni potrebbero essere molto più ottimistiche.
(***) In questo caso, infatti, anche l’amministrazione beneficerebbe degli incentivi statali, grazie ai quali 1 Kwh prodotto con il solare viene pagato 0.45 € per 20 anni, dopo i quali si beneficerebbe del “solo” risparmio derivante dal non pagare il 50% dei consumi, ossia pari a 800.000 euro all’anno.
FONTI:
http://www.iea-alep.pz.cnr.it/ITA_1_Kyoto.htm
http://www.provincia.pv.it/ambiente/energia/cd_inq_lum/convegno/Trezzano%20Rosa%20061204.pdf
http://www.comune.latina.it/agenda21/PDF/capitolo_05.pdf
http://www.ersaf.lombardia.it/Upload/Sala%20Elisabetta/CO2Lombardia.pdf?756
http://www.agricoltura.regione.lombardia.it/admin/rla_Documenti/1-2190/coltiviamo_energia_e_produciamo_ambiente-3.pdf
http://www.econ-pol.unisi.it/didattica/ec_ambiente/Emission%20Trading.pdf
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