Archivio Giornaliero: Marzo 17, 2006

Oasi Verdi a Don A. Santoro

[b][size=small][color=0033FF]Pubblichiamo la lettera spedita dal nostro utente Vincenzo Spica al Sindaco di Latina[/color][/size][/b]

Al Sig. Sindaco
del
COMUNE DI LATINA
On. Vincenzo Zaccheo

Oggetto: DON ANDREA SANTORO

Caro Sindaco, Le scrivo la presente per esprimere un desiderio.

Nel caso in cui non fosse già stato individuato un luogo per dedicare una Via o Piazza nel territorio Comunale, mi farebbe piacerebbe che una strada del nostro quartiere “Nuova Latina” (già Q4) sia dedicata a Don AANDREA SANTORO, che come noto è originario della nostra Provincia, recentemente scomparso in Turchia sotto la mano assassina di un ragazzo.

Ho individuato un’area circolare, all’interno del nuovo parco “Oasi Verde” in prossimità dell’area attrezzata a parco giochi, dove a breve sarà inaugurato un punto ristoro, essendo previsto un chiosco. Detta area è utilizzata principalmente da ragazzi in quanto sono presenti altalene, scivoli ed altro.
Essendo Don Andrea vicino ai giovani, ho ritenuto opportuno proporre quel luogo denominandolo appunto “PARCO GIOCHI DON ANDREA SANTORO” .

In alternativa si potrebbe intitolare tutto il Parco allo stesso sacerdote: “OASI VERDE DON ANDREA SANTORO”.

Cordialmente La Saluto

Vincenzo Spica

Latina: 13 marzo 2006

Antenne, a vuoto la Commissione

[size=small][color=0033FF]Dal quotidiano il Tempo del 17 marzo 2006[/color][/size]

LATINA Manca il numero legale, rinviata l’approvazione del regolamento
LATINA — Il regolamento per l’installazione e l’esercizio degli impianti di telefonia mobile resta fermo ai blocchi. Ieri mattina la commissione consiliare ambiente non ha raggiunto il numero legale. Solo cinque consiglieri si sono presentati: Davide Corelli, Forza Italia, Giancarlo Palmieri, Udc, Matteo Adinolfi, An, Enzo de Amicis, Udeur, e Giorgio De Marchis, Ds. Sono arrivati troppo tardi Alessandro Calvi, Forza Italia, e Paolo Fraggiotta, An. Gino Corato, An, Marco Gatto e Raimondo Tiero, Forza Italia, non si sono fatti vivi.

Il fenomeno del NIMBY

La democrazia, riconosciuta in occidente come la forma migliore di governo, è un concetto generico, che viene concretizzato diversamente in ciascun posto. Nella sua forma più diretta, tutti i cittadini sono in grado di formulare le loro proposte, e ogni decisione è presa a maggioranza.
Se con la democrazia diretta è possibile mandare avanti una piccola comunità (tipo condominio), in una società complessa questa porterebbe alla paralisi. Quindi è necessario un qualche forma di rappresentanza: il popolo rinuncia ad una parte della sua sovranità quotidiana ed elegge, con modalità che variano da posto a posto, i suoi rappresentanti e li delega a governare. Finite le elezioni i cittadini regrediscono, dal ruolo di “sovrani”, al ruolo di “sudditi” e subiscono le decisioni dei rappresentanti che hanno eletto, fatta salva la possibilità di premiarli o punirli alle prossime elezioni.
Oggi quasi tutte le democrazie prevedono anche delle forme di controllo in corso d’opera, per esempio le petizioni, i referendum, i cortei, le manifestazioni di protesta, le lobby e, dal 1935 (da quando Gorge Gallup fondò l’American Institute of Pubblic Opinion, presto imitato in tutto il mondo) i sondaggi d’opinione. Poi ci sono le forme di controllo illegali, quali la corruzione, l’intimidazione, l’attentato etc..

Uno dei compiti più ardui di chi governa è tener fede al mandato originale che ha ricevuto col voto, cioè perseguire l’interesse collettivo, cercando nel contempo di non ledere troppo spesso gli interessi legittimi dei singoli o delle piccole comunità locali, senza piegarsi alle richieste illegali. Insomma governare è un equilibrismo tra l’interesse generale e l’interesse particolare (cercando di non precipitare nel baratro dell’illegalità).
Un governo attento solo agli interessi nazionali, sarebbe dispotico verso i singoli e verso le minoranze, mentre un governo troppo attento al rispetto de diritti dei singoli sarebbe alla paralisi totale.

Per lungo tempo gli interessi legittimi dei singoli e delle comunità locali sono strati pesantemente penalizzati a favore della pubblica utilità. Adesso che con i moderni strumenti di comunicazione anche i singoli riescono a rivendicare con forza i loro diritti, gli interessi legittimi sono tornati alla ribalta ed è nato e cresciuto il fenomeno del NIMBY, acronimo di Not In My Back Yard, ossia “non nel cortile di casa mia, non dove mi da fastidio”.
– C’è da costruire una raffineria? Fatela pure, ma lontano da casa mia!
– Serve una nuova discarica? Ok, purché non mi giunga il cattivo odore.
– La centrale nucleare? In Francia.
– Il termovalorizzatore? In Germania.
– La TAV? Nella valle a fianco, per favore.
– Il corridoio tirrenico? Non sul mio podere.
– Il cassonetto dei rifiuti? Non sotto la mia finestra.
– (…)
– L’antenna? Non a Largo Montemezzi.

Il NIMBY è un atteggiamento mentale naturale, col quale ciascuno di noi tenta di allontanare le cose spiacevoli. Come si può contrastare questo atteggiamento? È evidente che serve una politica basata sulla compensazione del danno, al fine di favorire il dialogo tra i singoli (o le piccole comunità danneggiate) e le autorità.

In un’Italia che sta virando verso la devolution (cioè verso lo spostamento del potere dal centro alla periferia, dove sarà sempre più difficile prendere delle decisioni a valenza nazionale, poiché le autorità saranno sempre più vicine, anche fisicamente, agli interessi particolari e locali), dove cadrà il nuovo equilibrio tra l’interesse nazionale e l’interesse locale?

Salvatore Antoci