Archivio Giornaliero: Giugno 18, 2006

La raccomandazione

Cari amici,
Già due volte ho promesso di affrontare il tema della raccomandazione, e non voglio sottrarmi oltre!
Premetto che non voglio parlarvi della solita raccomandazione però! Non di quella che evoca repulsione, fastidio, imbarazzo. Non di quella che quasi tutti ricercano, che quasi tutti hanno (reale o millantata che sia), ma che nessuno osa nominare apertamente… quasi una calamità naturale inevitabile, ma necessaria. Non della raccomandazione usata per prevaricare, per scavalcare gli altri, per ottenere qualcosa che non spetterebbe (o che spetterebbe ma che andrebbe ad altri se la loro raccomandazione non fosse neutralizzata da una più pesante). Insomma non della raccomandazione intesa come graduatoria dei santi in paradiso e come negazione delle competenze e dei meriti (una specie di “pizzo” da pagare per ottenere quello che spetterebbe di diritto)…
Oggi voglio parlarvi di una raccomandazione diversa, una raccomandazione buona (sì, la raccomandazione è come il colesterolo, c’è quella cattiva… ma c’è pure quella buona!).
Sperando di non annoiarvi troppo (potete sempre spegnere il computer!) voglio raccontarvi un aneddoto di circa 20 anni fa, quando ero un giovane sottotenente dell’Aeronautica e stavo frequentando, insieme a 40 colleghi di varie nazionalità, il corso di pilotaggio in una scuola della NATO.
Un giorno, con l’attività di volo cancellata per condizioni meteorologiche avverse, stavamo chiacchierando del più e del meno quando la conversazione è scivolata sulle circostanze che avevano portato ciascuno di noi ad indossare la divisa di aviatore.
Ad un certo punto un sottotenente americano disse di essere entrato nell’USAF perché era stato raccomandato dal Generale che comandava l’Accademia Aeronautica di Colorado Spring.
Avreste dovuto vedere le facce di noi italiani: una maschera di meraviglia e sgomento! Gli occhi che si abbassavano a controllare i dettagli della moquette… il dubbio di aver capito male in quella lingua ancora ostica… l’imbarazzo palpabile… il tentativo di cambiare discorso… la battuta cretina per sdrammatizzare…
Come osava costui ammettere impunemente di essere stato raccomandato dal generale comandante? Non aveva egli alcun pudore? Non temeva di essere denunciato dai suoi colleghi?
C’è voluto un po’ di tempo, alla fine però ho capito che in America la raccomandazione è tutt’altra cosa. Non solo è legale, è anche un indispensabile strumento per far funzionare la società americana! Non come da noi! Lì è una cosa alla luce del sole, sia nel mondo pubblico (governo federale, stati, contee, municipalità, forze armate eccetera) sia nel mondo privato (business, corporations, industria, distribuzione, scuola, ricerca…).
La raccomandazione è questo: “Caro addetto alle assunzioni, tu mi conosci personalmente, o conosci la mia fama di manager, amministratore, preside, insegnante, medico, ufficiale dei marins etc.. Dato che mi conosci e mi stimi, voglio segnalarti il Signor o la Signora XY, che conosco personalmente, perché è stato/a mio/a allievo/a, o perché ha lavorato per (o con) me….. Sono convinto che XY sarebbe una preziosa risorsa per la tua organizzazione, poiché so per certo che ha questa o quella caratteristica positiva, per cui te lo raccomando!”
Capito la differenza? Chi raccomanda impegna la sua credibilità e il suo nome. Nessuno raccomanderebbe un incapace o un fannullone. Lì non esistono i concorsi per assumere. Esistono le raccomandazioni e le interview (interviste). Chi vuole essere assunto manda la sua application (domanda) corredata da curriculum e di lettere di raccomandazione. Se da un esame di questi documenti il candidato risulta potenzialmente idoneo alla posizione, viene convocato per l’interview, dove, senza tanti bizantinismi, l’addetto alle assunzioni decide se assumerlo o meno. Pensate che per policy, alcune ditte, non prendono nemmeno in considerazione le domande che non sono corredate da almeno una lettera di raccomandazione convincente.
La raccomandazione in America è un mezzo lecito ed efficace per far conoscere la competenza, la preparazione, la perizia, la bravura, la motivazione, l’entusiasmo dei candidati. Non servono farraginosi concorsi, temi di italiano chiusi in buste senza nome, processi asettici ed impersonali che hanno la pretesa di essere un metodo scientifico ed infallibile, ma che tutti sappiamo benissimo essere un grande bluff!
Quella americana è la raccomandazione che mi piace! Non quella ipocrita e nepotista che asfissia l’Italia. Non quella che dice “fai entrare Tizio al Comune perché è amico mio, o perché è il cugino di mia cognata, o perché ha votato per me”. Non quella che scavalcando il meritevole, piazza nei posti chiave degli emeriti incapaci… con grave danno, non solo alle persone prevaricate, ma per l’intero Paese.

Salvatore Antoci