La forza dell’esempio
Come stiamo educando i nostri figli? Quali valori stiamo trasmettendo? Riusciamo, nonostante il ritmo frenetico delle nostre giornate, a dialogare con loro o deleghiamo tout court la loro educazione alla scuola alla televisione e ai videogiochi?
Sono domande impegnative a cui è difficile dare una risposta. Se il dialogo con gli adulti è importante, anche l’esempio dei più grandi contribuisce a plasmare il carattere dei nostri ragazzi. I giovani, anche quando ci contestano, in realtà ci imitano. I nostri figli vogliono crescere in fretta, vogliono comportarsi da adulti e vogliono assaporare la libertà: scimmiottare i nostri vizi e le nostre dissolutezze è un’ottima scorciatoia per sentirsi grandi e “fighi”.
Quando ero adolescente, chi non fumava era considerato una mezza cartuccia, un pivello, insomma, una persona che non sa stare al mondo. Quanti giovani della mia generazione hanno iniziato a fumare per conformismo, per essere accettati dai coetanei, per non essere diversi dagli altri, insomma, per sentirsi fighi! Quanti di questi sono oggi vittime di un vizio che non riescono a scrollarsi di dosso, che sciupa la loro salute e le loro finanze!
Se il fumo fosse stato visto come un fatto deplorevole, come un’onta (come fortunatamente sta diventando adesso) tanti miei coetanei non sarebbero diventati fumatori incalliti e oggi non manderebbero in fumo la loro salute.
Lo stesso discorso vale per tutti i comportamenti negativi, incivili, pericolosi, irrispettosi delle leggi e delle Istituzioni. Essi devono essere stigmatizzati, messi alla gogna se necessario, in modo che agli occhi dei giovani diventino disdicevoli, ripugnanti e inaccettabili.
– Chi guida in modo incivile deve essere chiamato col suo vero nome cioè “imbecille”.
– Chi sporca per terra, imbratta i muri con lo spray, chi ci regala gli escrementi del suo cane deve essere chiamato per nome cioè “incivile”.
– Chi non rispetta le leggi, non paga le tasse, frega il prossimo deve essere chiamato per nome, cioè “criminale”.
E ciò non per una mera sete di perbenismo o di giustizialismo, ma per rendere questi comportamenti deplorevoli ed inappetibili agli occhi dei nostri giovani. La percezione gioca un grosso ruolo! Se un certo comportamento (esempio scorazzare a 120 Km/h sulle nostre strade cittadine, o dribblare i fessi che sono fermi al semaforo) è percepito come un comportamento accettabile, o peggio come un comportamento figo, allora ci saranno sempre più persone, specie tra i giovani, che lo emuleranno.
Se, viceversa, in famiglia, a scuola, tramite i vari media, tramite campagne di sensibilizzazione mirate (pubblicità progresso, ad esempio) attraverso blob vari e, perché no, attraverso questo sito, riuscissimo a cambiare questa percezione, se riuscissimo a classificare come esecrabili, imbecilli e riprovevoli i comportamenti nocivi, allora chissà…
Se per i giovani i comportamenti incivili, arroganti e strafottenti non rappresentassero più la strada maestra per diventare “figo”, forse potremmo rompere il circolo vizioso che sta facendo regredire la nostra civiltà.
Insegnamo ai nostri figli il valore dell’onestà della rettitudine del sacrificio e non quelli della furbizia, dell’arroganza della prevaricazione. Il rispetto delle regole deve essere insegnato come un valore in se, non solo come una strategia per non prendere la multa o per non incorrere in altre sanzioni. Dobbiamo sforzarci di trasmettere ai nostri figli l’integrità morale, cioè la capacità di fare la cosa giusta anche quando non si è osservati.
Purtroppo invece molto spesso trasmettiamo ai nostri figli il valore della furbizia corredata dalla capacità di eludere le regole senza farsi beccare. Molto spesso i nostri giovani capiscono che i veri valori sono la furbizia, la prevaricazione e la disonestà.
Badate che non dico questo mosso da sentimenti clericali o bigotti, ma da un laico desiderio di vivere in una società dove la legalità è vista come un valore e non come un handicap, dove il senso civico, il rispetto per gli altri e la cura per la cosa pubblica possono essere riscoperte e trasmesse alle giovani generazioni.
Salvatore Antoci