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Uno sviluppo sostenibile per salvare la Nexans

“Latina Sostenibile”Associazione di promozione Sociale 

Uscire dalla crisi con una giusta strategia per disegnare il futuro del nostro territorio e lanciarlo verso un nuovo sviluppo. È proprio questo il momento per un deciso e coraggioso cambio di paradigma, che comporti scelte radicali in favore dell’innovazione. È questo il caso della Nexans, azienda multinazionale nel campo delle trasmissioni via cavo intenzionata a chiudere lo stabilimento di Latina. La soluzione si potrebbe ricercare creando delle opportunità e condizioni favorevoli sul mercato locale. “La Nexans produce cavi e sistemi di cablaggio di vario genere, – afferma Maurizio Patarini, Presidente di Latina Sostenibile – per reti di distribuzione d'energia. Oggi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili si rende necessario una riconversione del nostro sistema di distribuzione elettrico, creando delle smart grid locali connesse tra di loro con software intelligenti in grado di gestire il flusso energetico a secondo della disponibilità della fonte. Questa tecnologia – continua Maurizio Patarini – è disponibile nel know how della Nexans e di poche altre aziende del settore. Per tanto si può immaginare di creare queste condizioni a livello locale, riprendendo il tema lanciato da LatinaSostenibile nel trasformare il nostro territorio in un laboratorio della Sostenibilità”. La Pubblica Amministrazione, su questo tema, ha una responsabilità senza pari. Non può farlo da sola, ma insieme a tutti gli attori sociali ed associazione di categoria, imprese, università e cittadinanza. Latina Sostenibile vuole andare oltre la sola riflessione tematica, proponendo azioni concrete sul territorio, già a partire dal caso Nexans, in modo da creare quelle condizioni durature che siano d’incentivo al mercato ed alle aziende che vi operano con merito e competenze, piuttosto che erogare incentivi a pioggia che risolverebbero il problema solo temporaneamente. Latina Sostenibile già nei giorni scorsi ha inviato lettera aperta (allegato 1) a tutti gli attori sociali dove si poneva la necessità di mettere a sistema la sostenibilità come soluzione alla crisi economica del territorio pontino.   
Maurizio PatariniPresidente Latina Sostenibile

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Nessuna risposta

  1. stefano ha detto:

    Come proposta, non c'è male.
    Però secondo me sono proprio le smart grid che hanno messo in crisi il settore dei cavi elettrici.
    Il fatto di andare verso piccole produzioni locali interconnesse e interagenti tra loro hanno di fatto ridotto la richiesta dei cavi di trasporto e distribuzione, insieme alla riduzione degli investimenti da parte delle aziende elettriche privatizzate, che cercano in tutti i modi di allungare oltremodo la vita naturale dei cavi stessi. Poi la ciliegina sulla torta è stata anche la globalizzazione, che ha inondato i nostri mercati con prodotti di tecnologia tradizionale a basso costo.
    Perciò ben vengano le proposte di nuove tecnologie.

    Quello che è strano però, è che tutte queste multinazionali che devono "dimagrire" per questioni di mercato, e che sono costrette a chiudere o cedere  uno dei propri centri produttivi, non si sa come mai, scelgono sempre un sito di Latina, salvaguardando altre realtà terriotoriali.

    Proverò ad andare a memoria:

    Da lontano: Rossi Sud, Pozzi Ginori, Mira Lanza, Zuccherificio, Massey Ferguson, Cirio, Vallelata (Galbani), Circeo filati…
    Più recenti: Good Year, Alcoa, Yale, Pettinicchio (Granarolo), Marconi Italiana, Cartotecnica, Pfizer, Bristol, Nexans…
    E quelle che lo hanno "velatamente" accennato: Findus, Jassen, Rail interios e Avion interios, Recordati, Gial (Motta)…

    Perché queste aziende "vive" scelgono di lasciare il nostro territorio?
    Bisognerà pur chiederselo!

    Stefano

  2. davide ha detto:

    X Stefano

    Mi risulta che:

    1) La Pozzi Ginori chiuse lo stabilimento di Latina ma mantenne quello di Gaeta. Nel 2007 la direzione disse che sarebbero stati fatti investimenti per aumentare produzione ed occupazione del 10%. Non se ne è fatto nulla, anzi negli ultimi mesi la direzione ha proposto di abbandonare la produzione di manufatti di alta qualità per tornare a fare manufatti di bassa qualità, con tutti i rischi che ciò comporta. Attualmente lo stabilimento occupa 400 persone

    2) Sulla Massey Ferguson si leggono cose dell'altro mondo online… si dice che agricoltori dell'agro pontino ricattassero l'azienda chiedendo l'assunzione di figli e parenti dopo aver acquistato un trattore prodotto nello stabilimento di Aprilia. Oppure che all'interno vi erano sabotatori, che puntavano a far uscire prodotti difettosi per spingere la direzione a chiudere la fabbrica e concentrare la produzione nello stabilimento di Fabrico (RE). Oppure di trattori nuovi che venivano lasciati fuori dai piazzali e che di notte sparivano….

    3) Sulla Cirio non si mai capito perchè Cragnotti la chiuse (unico stabilimento chiuso in Italia di quel gruppo). Per la ex Vallevata mi risulta sia stata poi acquisita dalla Cuomo che vi continua a produrre mozzarelle.

    4) La Goodyear di Cisterna era l'unico stabilimento in Italia. Allora si disse che per motivi politici si preferì tagliare lo stabilimento italiano anzichè quello francese.

    5) Per l'Alcoa di Fossanova dal 2007 è passata di mano. Ora è di una multinazionale svedese. Per fortuna direi, visto quello che l'Alcoa stà combinando in Sardegna ed in Veneto.

    6)  La Yale invece nel 2004 chiuse lo stabilimento di Bologna per concentrare la produzione ad Aprilia. Poi però nel giro di un paio d'anni decise di chiudere lo stabilimento di Aprilia e trasferirsi a Pomezia, nell'area dell'ex Ibm dove negli ultimi anni hanno creato un polo industriale e di servizi dove si sono insediate alcune piccole aziende (le maggiori sono appunto la Yale e la ABB che fà trasformatori elettrici)

    7) La Marconi nel 2008 ha chiuso il piccolo stabilimento di Latina (che era il ramo d'azienda che le era rimasto dopo che nel 2001 la Selex Communication del gruppo Finmeccanica comprò quasi tutte le attività dello stabilimento storico sulla 148 Pontina). Alla Marconi rimasero poche attività di ricerca che faceva in un capannone sulla Monti Lepini. Aveva 75 dipendenti che furono trasferiti a Roma. Peccato che anche per i 300 dipendenti di Roma nel 2009 la Marconi ha deciso la chiusura.

    Lo stabilimento Selex invece nel 2003 dopo corposi investimenti era arrivato ad avere 800 dipendenti. Nel 2005 le prime avvisaglie di crisi e casse integrazioni. Attualmente sono in circa 500 e si attendono nuovi investimenti sul progetto Tetra.

    8) Per quanto riguarda Jansen non ho sentito velate minacce. Certo nel 2008 hanno chiuso il reparto che produceva apparati medicali (gli stent) per il marchio Cordis. Parlando un paio di volte con alcuni dipendenti mi hanno confermato che prima i vari pezzi dello stent venivano fatti in diversi stabilimenti nel mondo. Così si decise di costruire un unico stabilimento a livello mondiale per la Cordis, in Irlanda.

    9) Neanche per la Recordati ci sono novità. Certo nel 2006 ha avviato un piano di riduzione organici ed al contempo ha fatto investimenti per specializzare lo stabilimento in produzione di principi attivi per le nuove molecole di ricerca del gruppo Recordati e per la produzione in conto terzi.

    Temo che in alcuni stabilimenti pontini ci sia una "cricca" formata da dirigenti, sindacalisti, politici locali ed imprenditori amici che lavorano per far chiudere stabilimenti. In quel modo c'è pronto l'imprenditore amico a subentrare, a patto naturalmente di corsi di formazione ed altri incentivi a fondo perduto erogati dalla Regione Lazio. Putroppo ci sono precedenti in questo territorio che non depongono certo a favore di questi imprenditori avvoltoi.

    Gli unici casi andati bene sinora sembrano quelli della TZF ingranaggi di Aprilia (che ha rilevato lo stabilimento della ex Aprilia Ingranaggi, già della Massey Ferguson) appartenente al gruppo Didimo Zanetti di Bologna che ha riempiegato una parte dei lavoratori a partire dal maggio 2006 (l' Aprilia Ingranaggi comunicò la chiusura dello stabilimento a metà 2004)

    O a Latina i casi della ex Tetrapack rilevata dalla Bsp Parmaceutical che pare stia andando a regime seppur con tempi più lunghi di quelli inizialmente previsti e che dovrebbero portare a riassumere tutti i vecchi dipendenti + altri (per un totale di 280 persone), oppure della Scm che ha rilevato la ex Gambro ed al momento occupa 20 lavoratori sui 100 della multinazionale precedente. Vedremo se a fine anno saranno assunti altri 73 cassaintegrati come previsto dal piano industriale

    DAVIDE

  3. davide ha detto:

    Il fatto è che in Italia la rete di trasmissione ad altissima tensione (380 KV) non è più dell'ENEL, ma da qualche anno è della TERNA, società quotata in borsa e di cui l'ENEL controlla un misero 5%.
    Gli ultimi 1200 Km di rete a 380 Kv che ENEL aveva li ha venduti a TERNA nel 2009. Di fatto questa controlla il 95% di tutta la rete a 380 KV italiana.
    Questa società a differenza dell'ENEL non ha come azionista il governo che non può fare più di tanto pressione. Anche perchè i fondi per la costruzione di nuovi elettrodotti non sono statali, ma sono fondi aziendali e prestiti bancari, e danno gli appalti a chi vogliono.
    All'ENEL oltre la rete a bassa tensione, è rimasta solo la rete a media tensione e quella ad alta tensione fino a 150 KV.
    Non sò se la Nexans di Latina aveva gli impianti necessari, ma tanto per dire il cavo sottomarino del progetto SAPEI (che collega la centrale nucleare di Borgo Sabotino alla Sardegna i cui lavori sono iniziati nel 2008) è stato appaltato per un costo di diverse centinaia di milioni di euro alla Prismian (ex Pirelli Cavi).

  4. davide ha detto:

    Ma perchè Antonio Pennacchi non fà un suo articolo su questa azienda, visto che ci ha lavorato quando ancora si chiamava Fulgorcavi?

  5. giucap ha detto:

    Quante notizie interessanti!

    Mi permetto di precisare solo che Terna non può dare gli appalti a chi vuole: eroga un pubblico servizio in regime di concessione (per questo può gestire praticamente l'intera rete senza problemi con l'anti trust) con tariffe trasparenti per i vari operatori commerciali; è pertanto soggetta alla norma UE per i c.d. settori esclusi, come ad esempio anche Snam Rete Gas, soggetta quindi alle gare di appalto europee in funzione dell'entità dell'investimento. Pensare al protezionismo territoriale (acquistare dall'impresa locale) è pertanto completamente fuori legge.

    Bellissima poi l'ultima domanda di Davide, mi chiedo solo perché non faccia una telefonata a Pennacchi, magari sgridandolo per tale manchevolezza! E noi poveri cittadini qualunque cosa dobbiamo dedurre da questo silenzio, che Pennacchi faccia parte della cricca complottarda che lucra sulla chiusura e sul fallimento delle aziende localizzate sui nostri territori?

    Certo che la libertà è una gran bella seccatura: consente agli altri di fare o non fare quello che pare a noi!

    Giulio

     

  6. Mario41 ha detto:

    Credo che Antonio Pennacchi abbia poco da dire come ex lavoratore ( si fa per dire) della Fulgorcavi. 

  7. davide ha detto:

    X Giucap

    Terna fà investimenti con soldi privati e si ripaga tali investimenti caricandoli poi sulle bollette elettriche. Per quanto riguarda Pennacchi mi sarei aspettato un suo interessamento alla vicenda, se non altro perchè vi aveva lavorato. Tutto quà.

    DAVIDE 

  8. davide ha detto:

    Non si capisce come mai visto che lo stabilimento è la sede centrale e commerciale della Nexans in Italia non si siano concentrate e consolidate le produzioni, ma anzi si sono trasderiti i cavi a bassa tensione a Battipaglia.

    Latina oggi mette sul piatto della bilancia un altra faccenda… quella del campanilismo territoriale, visto che i manager sono campani.

    Questo è un' altro problema degli stabilimenti di Latina. Molte multinazionali hanno manager e dirigenti romani o napoletani.

    E' ora di dire basta a questo stato di cose… E' ora che i lavoratori chiedano la rimozione di costoro e che vengano poste a capo delle aziende persone nate e cresciute nella nostra provincia, e che hanno avuto una crescita professionale interna all'azienda stessa.

    Sarà un caso che molte aziende che hanno delocalizzato o venduto erano gestite da napoletani?

    http://www.dagolab.eu/public/LatinaOggi/Archivio/18_05_2010/pag11latina.pdf 

    DAVIDE 

  9. giucap ha detto:

    Davide,

    forse non sono stato chiaro. Terna fa investimenti con soldi privati, ma non ha piena libertà di scegliere i propri fornitori/appaltatori, in quanto soggetta alla normativa europea sugli appalti pubblici.

    Che poi i suoi investimenti si riflettano indirettamente in bolletta, in quanto potrebbe aumentare i canoni di trasporto dell'energia ai vari operatori, può anche essere, ma la tariffa è comunque soggetta al controllo di una Autority, mica come le bollette di Acqualatina e Latina Ambiente!

    Giulio

  10. davide ha detto:

    X Giucap

    Sei stato chiarissmo. Cmq quì la questione è capire come mai sono state tolte produzioni a Latina, anzichè specializzare il sito nella produzione di cavi elettrici.

    Bisogna capire perchè non sono stati trovati nuovi clienti per non dipendere eccessivamente da ENEL. Bisogna capire perchè la politica non si è fatta avanti dal 2006…. sono infatti 4 anni che sui giornali appaiono periodici articoli sulle difficoltà della Nexans…

    Nessuno si è mai fatto vivo… come nel pessimo stile dei politici pontini si fanno vivi sempre all'ultimo momento…

    Per questo ribadisco che chiunque sarà il nuovo sindaco dovrà creare un assessorato alla Grande Industia e creare un ufficio ad hoc per smaltire in poco tempo le pratiche burocratiche di queste aziende.

    Non è possibile che le richieste delle multinazionali, che spesso devono investire milioni di euro facciano la trafila come se fosse la richiesta della Ditta Pinco Palla SAS…

    Anche perchè i manager d'oltreoceano se passano anni per fare un investimento produttivo, alla prossima occasione se ne guarderanno bene da farne di nuovi sul territorio di Latina.

    In più il prossimo sindaco e la giunta dovranno convocare durante il loro mandato periodicamente i manager delle società multinazionali, ed essere ragguagliati sullo stato della produzione, dell'occupazione, di investimenti futuri ecc.

    Questo si fà per cercare di rende la vita agevole alle multinazionali, che altrimenti a Chicago o New York ci mettono 5 minuti a sbaraccare baracca e burattini….

    Ma viene da chiedersi, perchè a Latina non hanno mai creato un assessorato alla Grande Industria cue agevolasse tali rapporti?

    DAVIDE 

  11. davide ha detto:

    NEXANS, i lavoratori: «E mo' che famo?»

    Teresa Faticoni
    I primi a prendere la parola sono i rappresentanti sindacali unitari Nexans. Alessandra Crociara e Cristian Della Portella della Ugl, Salvatore Chiera della Cgil e Michele Astore della Confail guardano in faccia i loro colleghi e chiedono unità. Dicono no a mobilità o cassa integrazione, ma come sottolinea la Crociara, «anche con un salario ridotto noi vogliamo lavorare». Poi è il momento di Armando Valiani, segretario Ugl chimici (con lui il segretario generale Ugl Claudio Durigon), che parla con il cuore: «Questo stabilimento ha aiutato l’economia pontina, qui hanno lavorato i nostri padri. Noi non vogliamo parlare di ammortizzatori sociali, ma di Nexans aperta. Vogliamo che ci spieghino il piano industriale». Che al momento non c’è anche se il fatto che le produzioni siano state spostate nel sito di Battipaglia dal management, tutto campano, e che da mesi non arrivano materie prime fa presupporre futuri non produttivi. Di più: le macchine lavorano a regime ridotto. Dario D’Arcangelis, segretario della Filctem Cgil (con lui anche Walter Cassoni), si rivolge ai politici. «Dalla vertenza Nexans bisogna creare la vertenza Latina. Faccio appello alle istituzioni a tutti i livelli: le famiglie vanno tutelate e protette con un serio progetto di sviluppo del territorio». Anche Pietro Galassi, segretario Confail, parla ai politici presenti: «Non si salvaguardate, non c’entra il colore, la politica è assente». Roberto Cecere, segretario Femca Cisl, chiede ai politici di non dividere il fronte dei lavoratori. «Siamo solo al primo minuto di gioco, la partita sarà lunga». Cecere propone di spostare il tavolo del 24 da Confindustria al Ministero dello sviluppo economico. Alla fine si decide per un comitato di sostegno alla negoziazione che affianchi le rsu. «Non lasciamo mai sola questa azienda». Il presidio, dunque, continua in vista della lunga marcia su Roma.