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Molotov contro gli immigrati: L’intolleranza si fa strada nella coscienza collet

Gli inquietanti eventi degli ultimi giorni ci pongono davanti agli occhi una realtà che forse da troppo tempo abbiamo voluto ignorare: l'onda di intolleranza. E' quella cosa viscida e strisciante che si fa strada non più in sparuti gruppuscoli di patetici razzisti ma nel profondo delle coscienze, nell'ordinario quotidiano e quel che è peggio, come d'altronde era inevitabile, inizia a far breccia nel sistema legislativo. E' facile ascoltare e leggere frasi come "i rumeni devono tornarsene a casa loro", "li cacciamo a calci in #CENSURA#", "sono tutti uguali la delinquenza ce l'hanno nel sangue" e ciò che è peggio in molti oggi si affannano a snocciolare statistiche e numeri che vorrebbero attestare il pregiudizio come dato storico. L'analisi degli eventi si riduce ad un cumulo di nefandezze razziste che hanno il "pregio" di essere culturalmente annidate e scientificamente dimostrate (mi ricorda qualcosa di già visto). E' quel razzismo subdolo e latente, quasi benevolo, che viene accettato come un civilissimo argomento di discussione, è lo stesso clima culturale che in tempi passati veniva insinuato nelle coscienze delle persone per preparare il campo a leggi nefande e nefaste. Le statistiche lette unilateralmente ci dicono di percentuali di crimini rumeni sul totale di quelli commessi e a ciò si potrebbe controbilanciare facilmente con il peso sociale ed economico dei crimini ma si entrerebbe in una logica aberrante che non tiene conto di tre elementi fondamentali: il primo è l'assetto geopolitico di inizio millennio, che vede stravolto il concetto stesso di "casa nostra" (o dovremmo dire di "cosa nostra") quando l'Europa è già una realtà avanzata, una conquista su cui non possiamo recedere di un passo; quest'Europa, per ora sodalizio economico senza frontiere, che deve ancora farsi culturalmente "casa comune".Poi ci sono le responsabilità di un sistema politico – giudiziario che per troppi anni ha tollerato il microcrimine considerando economicamente preminente concentrarsi su altre questioni, per altro con scarsi risultati, e che oggi invece per nascondere un sostanziale  fallimento globale – come storicamente accade sempre per corsi e ricorsi storici –  inizia a far leva sui più bassi istinti con le solite "armi di distrazione di massa". Oggi ci propongono le Ronde, apoteosi di una dichiarazione di sconfitta ed impotenza del sistema giudiziario che vorrebbe delegare al cittadino, quello onesto ma anche e forse soprattutto (ed è questo il rischio) a quello più intollerante la salvaguardia e la sicurezza degli effetti, degli affetti e delle persone. Questi stessi cittadini che già ieri potevano e dovevano farsi ronda con il senso civico e che invece per strada ti lampeggiano per segnalarti la pattuglia di polizia a 200 metri, quei cittadini che sono indifferenti al degrado fisico e culturale e di tutto quello che gli sta intorno, che non raccolgono mai le grida di aiuto per le violenze familiari che si consumano nell'appartamento accanto, che gettano armadi nei fossi o sotto al primo cavalcavia, questi cittadini inebetiti dal Tronista di turno dovrebbero garantirmi l'incolumità? Ma fatemi il piacere!!!E' il terzo punto quello focale della questione, è l'Uomo…. L'Uomo e le dinamiche umane, sociali e culturali (si lo so questo termine oggi è tabù … è out). Tra gli elementi di valutazione non c'è più l'analisi e la coscienza delle dinamiche migratorie, dei desideri di emancipazione, di sviluppo, della ricerca disperata di un posto migliore in cui vivere ed evolversi. Tutto ciò si scontra da un lato con le resistenze degli egoismi, di mondi chiusi nei propri cortili fatti di steccati e cartelli intimidatori e dall'altro racconta di popolazioni disperate che si spostano con il proprio bagaglio di soprusi e povertà, subite ed inflitte,  che incidono prepotentemente sui comportamenti conseguenti. In questo enorme calderone di prevaricatori ed umiliati, di magnaccia e prostitute sfruttate in regime di schiavitù, di legalità e disonestà, di Caini ed Abeli,  a ben guardare si capisce che ognuna di queste cose convive alla pari "in" e "tra" ognuno di "noi" e di "loro" ed allora le differenze scemano, scompaiono ed il "noi" e  i "loro" non esistono più.  Noi i migratori di ieri, noi che  negli anni passati, ma oserei dire nei secoli passati, abbiamo vissuto sulla pelle la stessa condizione di migratori (e basta scoprire nell'album di famiglia lo zio in America, in Canada, in Australia); noi stessi che nell'albero genealogico già alla quarta generazione possiamo scoprire con stupore e con altrettanta facilità l'avo turco, l'avo albanese, quello spagnolo piuttosto che quello francese o arabo; noi che storicamente siamo stati gli stessi umiliati e al contempo gli stessi carnefici al pari dei migranti che oggi "subiamo", noi che siamo stati i Sacco e Vanzetti ma anche gli Al Capone di ieri, proprio noi dovremmo imparare dalla nostra storia ed abbiamo il dovere morale di ribellarci a questa nuova barbarie. Noi dobbiamo dare risposte concrete affermando i principi di legalità, chiedendo e muovendo le forze in campo per ottenerne il pieno rispetto per tutti – per l'uomo – indipendentemente da sesso razza e religione, come vuole l'art.3 della Costituzione.  Non ci può essere dialogo con l'intolleranza, è una battaglia di civiltà che va combattuta casa per casa, con gli amici al bar, con il vicino, forse anche con i parenti più prossimi; è una battaglia impopolare, non da crediti e non porta voti, ma va combattuta con la dignità e la forza che solo gli uomini veri possono avere, e non parlo di Rambo e di Costantino ma parlo di Ghandi e di Mandela. Sono parole che ci narrano l'esigenza di integrazione e non di chiusure – che mai hanno prodotto sviluppo; parlo di lavoro qualificato per tutti e non di sfruttamento nelle campagne, nelle sartorie e nei cantieri edili (che pure fa tanto comodo … se no l'insalatina, la camicetta bella fresca e l'appartamento al mare ce lo scordiamo). Queste cose le diciamo noi da sempre, le dice il Papa, oggi le dice anche Gianfranco Fini, il padre della famigerata Bossi-Fini preludio legale dello sfacelo culturale intollerante, ed allora vuol dire davvero che siamo ad un punto di non ritorno. Ribelliamoci perché l'indifferenza, la sottovalutazione sono i primi nemici e sono entrati prepotentemente nel salotto buono di casa nostra. Nessun dialogo e nessuna minimizzazione dell'intolleranza, l'intolleranza è il preludio del razzismo e il razzismo è una piaga da schiantare ora … subito. Dobbiamo ribellarci ora all'intolleranza, soprattutto a quella strisciante, quella dei discorsi comuni, dobbiamo chiamare le cose con il loro nome e rifiutare il dialogo con il razzismo e con i razzisti. Giorni fa un amico mi riportava un bell'ossimoro del filosofo Savater: "non si può essere tolleranti con l'intolleranza" ed allora, mutuando il nostro slogan a favore dello scrittore Roberto Saviano che recita: "La Camorra è una montagna di #CENSURA#", oggi con un linguaggio schietto e popolare, dobbiamo avere il coraggio di urlare ai razzisti e agli intolleranti che "ANCHE IL RAZZISMO È UNA MONTAGNA DI #CENSURA#" e se necessario dobbiamo farlo anche davanti ad uno specchio guardandoci nel profondo dell'anima. Renato Malinconico – coordinatore provinciale Sinistra Democratica Latina

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