Archivio Giornaliero: Dicembre 6, 2006

Silvia Baraldini a Latina il 07.12.06

ricevo dall’Arci e comunico con piacere
l’incontro pubblico con SILVIA BARALDINI
Giovedì 7 Dicembre 2006 ore 17
Palazzo della Cultura (Sala Conferenze)
Via M.llo Leonardi – LATINA

Ingresso libero

Dal 26-Settembre scorso, dopo 24 anni di carcere, la parola detenuta non definisce più lo stato civile di Silvia Baraldini.

E’ un motivo di orgoglio per la nostra città che Silvia abbia accettato di venirci a trovare. L’incontro pubblico che si terrà a Latina è mosso dall’interesse che suscita da sempre l’odissea giudiziaria e umana attraversata dalla Baraldini per i molteplici aspetti oscuri e controversi. E’ anche un’occasione per riflettere sul significato di partecipazione attiva, movimenti di opinione e volontariato.

E’ importante considerare la vicenda distanziandosi da appartenenze politiche, senza cercare cioè chiavi di lettura contestualizzate al clima politico italiano o lasciarsi andare a facili quanto superficiali strumentalizzazioni di sorta. Questo è anche l’obiettivo dell’associazione culturale “Adolfo Mena” che ha organizzato l’incontro supportata dall’ARCI Provinciale di Latina. D’altronde la prima a preoccuparsi da sempre che il suo nome non diventi uno scontro politico tra destra e sinistra è proprio la stessa Baraldini.

Quella di Silvia è la vicenda umana di una donna che ha pagato oltre ogni ragionevole misura la sua appartenenza ai movimenti per il riconoscimento dei diritti civili degli afroamericani.

Tutto ha inizio dopo il trasferimento da Roma a New York, durante gli anni del Liceo, quando Silvia comincia a partecipare a manifestazioni per la parità dei diritti tra bianchi e neri, per la giustizia sociale, per l’ indipendenza e la libertà delle popolazioni di colore. E’ affascinata dai discorsi di Martin Luther King e Malcolm X e come tanti giovani crede nella possibilità di migliorare il mondo aderendo ad associazioni e movimenti che si battono per le minoranze e i diritti civili.

Nel 1982 gli agenti della squadra anti-terrorismo fermano Silvia nei pressi della sua abitazione. Le accuse sono pesanti: associazione, partecipazione alla liberazione della rivoluzionaria afroamericana Assata Shakur nel 1979 e a un tentativo di rapina. A queste si aggiunge la richiesta da parte del procuratore federale di testimoniare di fronte al gran giurì sul movimento indipendentista portoricano.

Ci sono voluti due anni per concludere i due dibattiti al termine dei quali è stata condannata a 20 anni per associazione, 20 anni per evasione e un tentativo di rapina e 3 anni per oltraggio alla corte, visto il suo rifiuto di apparire di fronte al gran giurì. Condanne esemplari, il massimo che permetteva a quei tempi il codice penale federale, ma non inusuali nella lunga storia conflittuale tra il governo statunitense e il movimento rivoluzionario sia afro americano che portoricano. In tutto ciò pesa l’aggravante di aver in qualche modo “tradito” non le sue origini borghesi ma la sua identità di donna bianca e di non essersi mai pentita. Da quel momento inizia la sua odissea nelle carceri americane dove la Baraldini viene sempre classificata come una “pericolosa terrorista”.

A Lexington, in un’ unità speciale di massima sicurezza, viene sottoposta con altre due detenute a costanti torture psicofisiche.

La vicenda della Baraldini comincia ad essere conosciuta grazie alla sorella che la denuncia al mondo e all’appoggio di organizzazioni per la difesa dei diritti civili, di intellettuali, di artisti e migliaia di semplici cittadini. Tante forze civili che pressano il governo americano affinché restituisca Silvia all’Italia, cosa che avviene solo dopo 17 anni. Nell’agosto del 1999 la Baraldini viene infatti trasferita nel suo Paese d’origine, non prima però di aver firmato una serie di rigorose condizioni con le quali il governo americano si assicura la sua detenzione nelle carceri italiane almeno fino al 2008 (sotto il controllo statunitense).
Tornare in Italia dopo la morte della sorella e le condizioni di salute di sua madre è stata una necessità assoluta, per questo non ha esitato più di tanto nel firmare l’accordo anche se consapevole che avrebbe complicato la sua vita dopo il rientro. Anche in questo passaggio esiste un altro lato oscuro: nell’ultima visita medica che le fanno negli USA prima di rimpatriarla, nessuno dice a Silvia né al suo avvocato Grazia Volo, di averle diagnosticato un tumore… il secondo dopo che per il primo fu operata nel carcere di Lexington.
Così Silvia firma senza sapere che rientrata in Italia il suo fisico necessiterebbe di continue cure al di fuori del carcere.
Nessuno avrà pietà, neanche di questo.
Il 26 Settembre 2006 la Baraldini riceve la telefonata attesa 24 anni: “Silvia sei libera!”
Crediamo che al di là delle convinzioni ideali, politiche e sociali di ciascuno, l’incontro di Giovedì prossimo possa aiutare a conoscere le ragioni che hanno spinto Silvia Baraldini ad agire e migliaia di persone a sostenere la lotta per la sua scarcerazione.

“paura del diverso e del contrario,
di chi lotta per cambiare
paura delle idee di gente libera
che soffre, sbaglia e spera
io vi chiedo di lasciarla ritornare…

perchè non è possibile rinchiudere
le idee in una galera..”

[“Canzone per Silvia”, Francesco Guccini]

E’ un’iniziativa promossa da:
-Associazione Culturale “Adolfo Mena” di Latina
con la collaborazione di ARCI COMITATO PROVINCIALE di LATINA

renato malinconico