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Le radici dell’Europa

Lo Stato autenticamente laico, democratico, non deve, in quanto tale, privilegiare una data opzione religiosa e/o valoriale, ancorché storicamente maggioritaria, bensì deve, pena la vanificazione/banalizzazione delle sue ragioni esistenziali e delle sue origini fondative liberali, obbiettivamente ri-conoscere le proprie radici, nella fattispecie quelle giudaico-cristiane, per ri-costruire, giorno dopo giorno, avendo cura di far tesoro delle tragiche dilacerazioni diacroniche documentate dagli storici, una società autenticamente pluralistica, affatto tollerante, vocata alla solidarietà e impegnata a promuovere l'uomo, a qualunque etnia appartenga e qualunque sia il proprio credo religioso, in tutte le sue dimensioni: sociale, politica, religiosa, culturale, ecc. ecc.. 

Ciò non significa rinchiudersi a riccio, rinserrare le porte del castello a causa della ben nota sindrome di accerchiamento che non ha ragione dì essere, effetto perverso di una cristianità poco coerente con il Vangelo; né vuol dire esaltare, oltre ogni misura,( per una malintesa evangelizzazione che fatalmente scade, banalizzandosi, in attività condizionante e/o forzatamente aggregante e/o escludente) le origini cristiane dell'Europa, storicamente difficilmente contestabili, come eminenti osservatori da tempo e con acute analisi attestano, vuol dire solo e soltanto, a mio sommesso parere, presupporre, come interfaccia, al valore identitario della laicità, quello altrettanto fondativo della cristianità, che di per sé ingloba, non solo sul piano semantico, la dimensione dello spirito laico (laico: popolo di Dio) in tutte le sue significative evoluzioni e in tutte le sue incarnazioni nelle comunità democratiche storicamente realizzate,per fortuna, tendenzialmente orientate all'apertura, all'accettazione incondizionata dell'altro da sè, dello straniero, e caratterizzate dalla vocazione a condividere le sorti dei deboli, degli emarginati, di quanti, pellegrini nel mondo, cercano disperatamente di potersi realizzare in quanto persona (concetto ,questo,prettamente cristiano!!!) e di essere riconosciuti tali,

(….."Tu sei lo straniero. E io?
Io sono per te lo straniero. E tu?
La stella, sempre, sarà separata dalla stella;
ciò che le riavvicina non essendo che la loro volontà di brillare insieme…" 

sviluppando le mie riflessioni mi è venuta in mente la poesia che ho trascritto dello scrittore ebreo Edmond Jabes, che ,poeticamente, traduce il mio pensiero in merito al dovere dell'accoglienza) e, quindi, titolari di pari diritti e doveri, e di poter godere dei beni materiali al pari del loro fratelli più fortunati dei paese opulenti! Soprattutto, stante la drammatica attualità, e l'urgenza di una mutazione antropologica che coinvolga tutti noi occidentali, stimolandoci ad assumere individualmente e socialmente una giusta tensione emotiva che induca i nostri cuori, spesso di pietra, a considerare lo straniero come stimolo esistenziale ad essere se stessi, identificandoci in esso e ,quindi, considerandolo non più “hostis”, bensì "hospes" e gettare così le premesse per la edificazione di una società ispirata all'umanesimo integrale e vocata alla solidarietà, alla fratellanza, alla cooperazione oblativa e al soccorso vicendevole. Come è noto il cristiano è .per sua intrinseca natura,straniero; pertanto,la sua intima vocazione lo stimola a riconoscersi negli altri, prescindendo dalle origini,dalla razza e dalla cultura! 

Se la laicità,come alcuni autorevoli studiosi saggiamente la definiscono sul piano teorico, ingloba e presuppone la realizzazione costante e doverosa dei valori di libertà, uguaglianza e fraternità (tipici valori costitutivi del Cristianesimo), allora, logicamente, essa non può non identificarsi con la tradizione giudaico-cristiana, da cui discendono i paradigmi dell'esemplarità personale e dell'esemplarità politica, (concetti, questi, espressi, con dotte argomentazioni, recentemente dal nostro Vescovo) da declinare quotidianamente come viva rappresentazione di vita integra e plasmata dai valori fondanti poco sopra richiamati e dallo spirito di oblativa dedizione al prossimo. E,evocando il  notissimo …dare a Cesare… con quel che segue… aggiungo che la cristianità, o per meglio dire le radici cristiane, di per sè non possono essere ritenute escludenti, né, tanto meno essere considerate come fonti di disagio esistenziale per quanti intendono far parte della famiglia europea; tutt'altro,rappresentano il comune terreno fertile nel cui ambito è dato a tutti,nessuno escluso – cristiani – non cristiani – di confrontarsi culturalmente,vivere la propria religiosità in piena libertà,e costruire insieme  una società  aperta: antica aspirazione degli uomini di buona volontà….
Alle corte:
Si tratta di due binari: cristinità/laicità, che consentono al treno della civiltà di progredire nel defatigante, complesso e intricato viaggio mondano alla ricerca comune della pace universale (costruttori pace!) e del "BENE- ESSERE" generale, democraticamente diffuso, in maniera pervasiva, nelle varie aggregazioni umane, ciascuna con la sua tradizione, con il proprio credo religioso e con la propria cultura, con l'avvertenza che il dialogo tra le genti, comunque necessario, improcrastinabile e ineludibile, potrà sortire effetti positivi e unificanti se si concentrerà sulla dimensione culturale, storicamente evolventesi nel tempo, nel più assoluto rispetto delle varie opzioni religiose, che, in quanto tali, vanno riconosciute e tutelate nei loro statuti e nelle loro liturgie. Un dialogo interreligioso risulta possibile solo tra cristiani ed ebrei, per le ovvie ragioni storico-teologiche che la vastissima pubblicistica del settore ha autorevolmente e convincentemente illustrato. 
L'Europa, per sua intrinseca struttura e cultura, vuol dire primariamente "apertura"; cito Giovanni Paolo II: "L'europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato, si è costruita andando incontro ad altre culture, ad altre civiltà," ;aggiungo,senza mai la pretesa, se non nelle patologie della crescita, di incorporazione, e sottomissione di "culture altre",effetti perversi da escludere e da evitare ad ogni costo pena la snaturazione della vocazione autenticamente cristiana! Ancora,il cardinale Martini,nella prefazione del saggio  "Giovanni Paolo II e l'Europa", a tal proposito ed autorevolmente riporta il pensiero del Papa L'anima dell'Europa resta anche oggi unita perchè fa riferimento a comuni valori umani e cristiani… la storia della formazione delle nazioni cammina di pari passo con l'evalgelizzazione"; anche Benedetto XVI, con argomentare rigoroso, nel testo "Senza radici" ritiene che la "casa-edificio europa", deprivata delle sue fondamenta (radici giudaico-cristiane) rischia il crollo, e la perdita irreversibile del suo vasto e articolato patrimonio etico a cui si sono ispirati tutti gli estensori delle varie carte costituzionali che hanno responsabilmente sussunto nei loro documenti l'anima autentica delle persone,la loro vocazione comunitaria,le loro aspirazioni e le loro speranze di vita solidale,nella pace,e nella fratellanza! Inoltre, e conclusivamente, ricordo un'acuta osservazione di Reale:" Le radici che hanno fornito l'elemento sotto certi aspetti più forte e più nutriente per la formazione e per lo sviluppo dell'idea di Europa derivano dal pensiero cristiano, senza il Cristianesimo – e la cultura originaria greco-romana – l'Europa non sarebbe pensabile" 
Ho richiamato solo alcune delle testimonianze (tra le moltissime esistenti nella vastissima e poliedrica letteratura del settore,e che per esigenza di sintesi tralascio di riportare) che avvalorano la tesi della necessità conservativa delle radici cristiane,perchè da esse, a mio parere, e solo da esse è possibile,senza spirito manicheo, estrarre il binomio fondativi cristianità/laicità (a me tanto caro) di una nuova società multietnica, post moderna, aperta al contributo del pensiero speculativo di tutti, universale perchè globale; particolare perchè locale (Heimat), senza scadere nell'universalismo senza etica, e nel localismo egoistico!  
L'attuale riflessione cultural-politica e le determinazioni a cui sono pervenuti i costituenti europei,nella parte in cui si ipotizza come valore identitario, (mi pare di capire: esclusivo) dell'Europa la laicità,per le ragioni che ho sopra riportato, debba essere associato al concetto di cristianità da cui eredita i valori fondanti e costituire un 'ideale "moneta (culturale/ideale) unica europea", dove siano emblematicamente raffigurate sia la cultura cristiana, sia quella greco-romana a cui alludo spesso nelle presenti riflessioni, da me sinceramente apprezzata, idonea a favorire gli scambi culturali tra le genti di varia estrazione razziale e a stimolare nelle loro menti l'aspirazione comunitaria,democratica, multiculturale, multireligiosa, e nei loro cuori la CARITA'!! 
Conclusivamente, e parafrasando un notissimo pensiero del filosofo Patocka, ad ulteriore corroborazione del mio pensiero in merito alle radici spirituali dell'Europa, mi pare di poter legittimamente paventare il tramonto del nostro continente qualora si confermasse il divorzio radicale e immotivato dalla cultura greco-romana e, in particolare, dal Cristianesimo da cui notoriamente discendono i valori costitutivi della nostra civiltà, in particolare la "cura dell'anima": concetto filosofico fondante il profilo dell'uomo europeo, il cui scopo primario dovrebbe essere, appunto, l'uomo stesso!!! 
Saro Borgia

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