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L’umanità non abita più qui

ROMA – In questa crisi spaventosa che attanaglia il nostro paese, accade sempre più spesso di ricevere lettere da parte di lavoratori stanchi per le condizioni di lavoro sempre più gravose.
Uomini e donne con addosso la paura di perdere il posto di lavoro, spesso disposti ad accettare pressioni che fino a poco tempo fa sembravano impossibili. La percezione di precarietà, la paura del futuro, il senso d’impotenza, sembrano realtà diverse una dall’altra ma infondo ogni storia rappresenta un pezzo di vita di ognuno di noi.
Quella che segue è la lettera di un gruppo di lavoratori di Meridianafly che hanno voluto raccontare le condizioni di lavoro in cui vivono, le continue pressioni aziendali. Ma, anche, la forza di continuare a lottare, per i propri diritti e per la dignità del lavoro.

La lettera

L'umanità non abita più qui… Potrebbe essere il titolo di un film di guerra o l'incipit di un romanzo noir, purtroppo, invece, per noi assistenti di volo rappresenta un incubo senza risveglio nel quale viviamo da più di un anno.Meridianafly, un gioiello nel triste panorama del trasporto aereo nazionale, ad oggi ridotta ad essere l'ombra di se stessa, piegata, maltrattata e svuotata da quella classe manageriale/creativa che altri non é che il riflesso del declino del nostro paese.

"L'IMMAGINE PRIMA DI TUTTO" è la parola d'ordine che siamo tenuti a rispettare, il diktat impostoci dai vertici aziendali, i quali sono talmente concentrati sull'apparenza da lasciare in secondo piano , o trascurare totalmente, quelli che sono i comandamenti, i fondamenti della cultura aeronautica: sicurezza, preparazione, professionalità e, ultima ma non meno importante, umanità. Quello che si é instaurato nella nostra azienda é un regime dittatoriale medioevale, con un capo assoluto e tanti fedeli e servili vassalli, pronti ad obbedire ed applicare qualsiasi ordine venga dall'alto pur di mantenere calda la loro poltrona.

La forza lavoro, la vera ricchezza di ogni azienda degna di questo nome, è diventata uno scomodo fardello e di conseguenza viene trattata, con l'unico scopo di intimidire, piegare ed asservire ad una mentalità che nulla a che fare con il senso nobile di quella lavorativa.

Assistiamo ogni giorno a pretestuose e strumentali contestazioni disciplinari, basate sui motivi più assurdi e spesso inesistenti, e mirate solo a colpire chi ancora non ha abbassato la testa al padrone e ancora lotta per ristabilire un minimo di ordine in questo caos assoluto. Siamo sull'ordine di una contestazione al giorno, una cifra folle, neanche fossimo un esercito di anarchici insurrezionalisti armati fino ai denti.
Siamo un'azienda allo sbando, un'azienda che naviga a vista e sopravvive di giorno in giorno.

Abbiamo una flotta disastrata, aerei con delle cabine indecenti, facciamo voli di medio e lungo raggio sottoponendo i passeggeri a vere e proprie torture a causa dell'esiguo spazio dei sedili, degli schienali e tavolini rotti e mai riparati, boiler dell'acqua calda inoperativi che non ci permettono neanche di offrire un caffè sui primi voli della mattina, APU (unità ausiliaria che fornisce energia elettrica a terra) non funzionanti che costringono noi ed i passeggeri, in piena estate e con le temperature attuali, ad imbarchi con temperature insopportabili a qualsiasi essere umano.

Eppure, in tutto questo, qualcuno fra i nostri vertici aziendali, ha pensato bene di dotarci, in piena estate, di un copricapo di lana cotta di bassa qualità, spessa e non traspirante, copricapo che, cascasse il mondo, dobbiamo tenere in testa ogni momento e con qualsiasi temperatura, senza fiatare, ma obbedendo. Se qualche assistente di volo, come successo, si azzarda a non metterlo perché in cabina o esternamente la temperatura é inaccettabile ed il copricapo diventa uno strumento di tortura, viene prontamente richiamata dai capi e redarguita di non essere una brava assistente di volo, come se la professionalità si misurasse dall'uso o meno della bustina. Chi non la indossa viene contestata, la si accusa di creare un disservizio, dimenticando che i veri disservizi sono altri, che i veri disservizi li crea l'azienda stessa e che il non mettere in testa un copricapo di lana a 40 gradi non ci impedisce di fare comunque bene il nostro lavoro.

"L'immagine prima di tutto": aerei indecenti, condizioni in cabina spesso al limite, passeggeri giustamente arrabbiati per il caldo, il poco spazio, la mancanza di una bevanda calda, lo schienale rotto, il bracciolo incollato con il nastro, il tavolino che non si chiude, ma noi con la bustina in testa ed il sudore che ci cola, come se questa bustina avesse poteri taumaturgici tali da ipnotizzare la clientela che, improvvisamente, non si trova più a bordo di un aereo malridotto, ma di una SPA a cinque stelle. E guai a disobbedire….I rapporti umani, nella nostra azienda, non esistono più, forse perché non veniamo più considerati come esseri umani ma come animali da soma da sfruttare al massimo della nostra resistenza ed anche oltre, in condizioni di puro disagio e perennemente con il bastone oscillante sul capo.

Guai ad avere una necessità, un problema personale e familiare… ogni nostra richiesta volta a questo viene costantemente ignorata o disattesa. A titolo esplicativo parla da sola la vicenda occorsa pochi giorni fa ad un nostro collega, il quale aveva fatto richiesta di avere qualche giorno libero per correre a casa sua ed assistere il padre, unico genitore rimasto in vita, ricoverato in ospedale in punto di morte. Ebbene, questa richiesta è stata per vari giorni ignorata dal destinatario e poi negata. Il collega é stato costretto a ricorrere ad un certificato medico che lo liberasse dal lavoro ed é arrivato a casa giusto in tempo per dare al padre l'ultimo saluto. Il fatto si commenta da solo.Ecco, questa è la realtà in cui tutti i giorni ci troviamo a vivere.Un insieme di disumanità, assurdità, prepotenza e totale mancanza di rispetto delle regole, sia scritte che umane. Il tutto portato avanti con forza e cecità da chi ha il coltello dalla parte del manico e per questo crede di essere il più forte, e troppo spesso dimentica che alla base di qualsiasi rapporto, umano o lavorativo, dovrebbero esserci rispetto e dignità. E potremmo continuare all'infinito con l'elenco dei fatti, ma siamo stanchi, sfibrati e demoralizzati da un sistema cieco e sordo che rimanda al mittente qualsiasi legittima rimostranza. Ma non ci arrendiamo.


Siamo ancora in piedi, traballanti, ma in piedi, e ci batteremo fino all'ultimo affinché nella nostra azienda si torni a vivere, a lavorare da esseri umani. Affinché ritorni ad essere un sistema basato su regole certe ed uguali per ambo le parti, un sistema che rispetti l'essere umano e le sue necessità. Per questo non ci stancheremo di urlare la nostra rabbia e la nostra condizione, a tutti gli organi competenti e a chiunque abbia orecchie buone per poter ascoltare e aiutarci in questo quasi impossibile cammino di ritorno ad una vita lavorativa dignitosa e umana.

Ma, per il momento, l'umanità e la dignità non abitano piú qui.

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