• Senza categoria

Roma: gli aquilani manifestano, manganellate anche al sindaco Cialente

Roma, 7 luglio, gli aquilani si dirigono in corteo verso Montecitorio, su via del Corso vengono fermati dalle forze dell'ordine, poi dopo una trattativa ripartono decisi a raggiungere la meta… hanno i colori della città nero e verde, magliette e cartelli con la scritta "ricostruiamo L'Aquila e il suo territorio", "riaprire L'Aquila", gridano insieme L'Aquila, L'Aquila… poi vengono bloccati la seconda volta, la tensione sale e si arriva agli scontri, anche il Sindaco viene preso a manganellate… un ragazzo ha il volto insaguinato e grida che la sua unica colpa è quella di essere un terremotato.

Mi chiedo se questo sia l'unico modo per ottenere ascolto e la giusta attenzione che merita la drammatica situazione di questa gente privata di tutto, ma soprattutto privata del diritto di esistere, fatta letteralmente sparire… oscurata come si fa con le verità scomode. I riflettori si sono spenti da tempo su L'Aquila, come se tutto fosse risolto e il caso archiviato, nonostante gli inviti del Sindaco Cialente a venire a vedere le condizioni in cui versa la città e il suo territorio, in pochi hanno aderito tra direttori dei tg e dei giornali… gli aquilani non possono dimenticare, il dolore li segnerà per sempre, e noi italiani, tutti noi abbiamo il dovere di non dimenticarci di loro. 

Francesca 

Potrebbero interessarti anche...

Nessuna risposta

  1. Baol ha detto:

    Il Commento di Massimo Cialente, sindaco de L’Aquila
    (Intervista di Nello Trocchia)

    Iniziamo da questa mattina. Cosa è successo?
    Abbiamo trovato questo sbarramento, era una manifestazione pacifica, sono volate spinte, abbiamo preso un po’ di botte anche noi. Sono volate manganellate. Se mi avessero detto, 12 mesi fa, che sarei stato costretto a manifestare con la mia gente e a prendere le botte, non ci avrei creduto. L’anno scorso avevamo con noi il Paese, il governo, la Protezione civile. Adesso stiamo per ripagare le tasse.

    Ci spiega il nodo delle tasse?
    Noi abbiamo cominciato già a pagare le tasse. Il nodo vero è che dal primo di gennaio noi dovremmo restituire il 100% in 5 anni, 60 rate. Su una busta operaia di 1000 euro questo significa  una ritenuta mensile di 233 euro. Ditemi voi se è possibile in una città che ha ancora sfollati, disoccupati, un centro storico presidiato dai militari e dove la ricostruzione è ferma perché non abbiamo i soldi?

    C’è molta rabbia tra gli aquilani..
    Un anno fa c’era la consapevolezza che l’Aquila poteva tornare a vivere. Ora, invece, subentra la disperazione e la perdita di aspettative. E’ stato fatto qualcosa, ma c’è il rischio che si perda tutto quello che è stato realizzato perché la gente andrà via.  Come si può vivere, pagando le tasse, in una città che non c’è: visto che in questo momento è tutto virtuale. A quel punto dici io me ne vado sancendo la morte definitiva della città.

  2. Baol ha detto:

    Mai vista un'Italia così

    di Stefania Pezzopane

    L’Aquila smaschera Berlusconi.
    La vera faccia del suo Governo è quella violenta e repressiva che abbiamo visto ieri a Roma, e del travisamento delle notizie poi. L’Italia stia in guardia. “Oggi a noi, domani a chiunque”, come diceva uno slogan dei manifestanti.
    Il pacifico corteo era il nostro ennesimo tentativo (e ogni volta siamo di più) di far sapere al Paese come stanno veramente le cose dietro clamori e bugie raccontati, sul terremoto del miracolo, da una parte di stampa pericolosamente asservita e troppo visibile.

    La consegna per gli uomini dell’ordine era invece quella di bloccare, ad ogni costo. Lo hanno fatto, a costo del sangue dei terremotati, ma col rammarico negli occhi, essi stessi.

    Perché non farci arrivare sotto i palazzi del potere solo per dire quello che avevamo da dire? Si trattava non di manifestazione politica ma di rabbia civilmente organizzata dai cittadini spontaneamente e non dalla “sinistra che usa 5000 terremotati come scudi umani contro il Governo” come Il Giornale di Feltri ha riportato per nascondere l’ormai diffuso dissenso verso un Governo che non sa governare e scontenta tutti, tranne abusivi ed evasori.
    L’accoglienza dei celerini era già la spia di un piano non pacifico. Chi dissente è comunista e nemico del sistema. Con un simile refrain, figuriamoci se in questo stato di cose i terremotati potevano veder esaurita la soddisfazione ed il diritto di parlare con chi decide della loro vita/morte. Ad incontrare i terremotati ci hanno provato Bersani, Pannella, Di Pietro ed altri, affrontando anche i fischi, altro che scudi umani.
    Nessuno della maggioranza ha avuto il rispetto e l’educazione di ascoltare. E nell’Italia del 2010 dopo 16 anni di un Presidente del Consiglio abituato ad assoli e comizi alla cipria e mai a confronti o vere interviste, questo passa per normale. Tutti quelli che hanno manifestato, lo hanno fatto sapendo che essere ricevuti da Berlusconi è pretesa impossibile. Ma chiediamoci perché è pretesa impossibile, una volta per tutte, e non un diritto dei cittadini elettori, che in passato hanno sempre avuto.

    Berlusconi compare a L’Aquila nei giorni del terremoto a consolare la vecchietta in lacrime che ha perso tutto, e il giorno dopo mostra la sua infinita bontà regalandole una dentiera nuova, assicurandosi che la stampa lo sappia. E l’Italia si commuove.

    Inaugura la nuova Onna di legno, fatta dalla Provincia di Trento e se ne assume il merito a Porta a Porta.
    Offre le sue case ai terremotati, ma poi nessuno in realtà vedrà mai i suoi harem in Sardegna o ad Arcore. Ci impone villaggi di cartone su cui hanno mangiato cricche e sciacalli ma non fa una legge che stabilisca la disponibilità di fondi per la ricostruzione della città storica, rimasta abbandonata. Poi però ci infila una bottiglia di spumante nel frigo, questo sì che lo ricordano tutti. Vallo a spiegare ora agli italiani, vittime di questi trucchi, che non siamo degli ingrati. E’ che le tasse da restituire, sommate a quelle correnti non le riusciamo proprio a pagare, perché i nostri negozi non hanno riaperto. Il lavoro non c’è più. Le fabbriche stanno abbandonando il territorio morente, chi non è cassintegrato qui è disoccupato. E non si vive nei villaggi provvisori di lunga durata, si sopravvive. E spesso si muore anche, di suicidio. Ma questo succede negli hotel della costa, dove ancora in migliaia alloggiano o nei camper e nelle sistemazioni di fortuna di chi non è entrato in un alloggio provvisorio perché non bastano per tutti, ma appena per la metà dei senza tetto.
    Silvio giura sulle bare dei 309 morti che il popolo aquilano non sarebbe stato lasciato solo.

    Ieri il popolo chiedeva solo ascolto. Uno Stato che non ascolta i bisogni dei disastrati ha perso il suo stesso senso.
    Poi la beffa della rassegna stampa degli scontri. I quotidiani di Berlusconi e gli ormai suoi tg1, tg5 rete4 hanno raccontato non una versione attenuata della imbarazzante verità, ma una clamorosa bugia che addirittura ribalta i ruoli di vittime e carnefici.

    I titoli di questa volgarissima disinformazione parlano di provocatori dei centri sociali se non addirittura di black block infiltrati  tra gli aquilani. Ma nessuno li ha visti neppure nelle tante foto che mostrano le prime linee del corteo fatte di persone normali, con anziani panciuti che hanno sfidato i calli e l’artrosi, donne accaldate armate di ventaglio, ragazzi e persino sindaci con la fascia e vigili urbani con gli stendardi dei comuni. 
    Saremmo al comico, se non fosse spaventoso. Lo Stato che manganella i terremotati ed i simboli degli enti locali. Io stessa sono stata violentemente spinta al muro da un celerino, risparmiata grazie all’On Paola Concia che ha gridato il mio ruolo istituzionale all’agente armato di manganello.

    Durante l’intrappolamento sotto il sole di 5000 persone a 39 afosissimi gradi, nel traffico di piazza Venezia, con malori e grida disperate di farci spostare almeno all’ombra di via del Corso, ho avuto il presentimento che un salto verso il peggio era in atto nella fragile democrazia italiana. L’ulteriore conferma è arrivata quando ho visto correre impauriti e sparpagliati i miei concittadini; facce che conosco, mamme, lavoratori, pensionati, su via del corso, inseguiti dai manganelli. Mai vista un’Italia così, sembrava di essere altrove e in altri tempi.  Il tremore su tutto il corpo mi ha accompagnata fino a casa, la sera.

    L’Aquila è solo il concentrato anticipatore di tutte le tensioni, perché nessun luogo del Paese vive maggiori difficoltà in questo momento. E in nessun luogo la censura dei media asserviti fa più danni materiali e morali. Lo sciopero di domani, della parte sana dell’informazione, sarà infatti anche per noi.

    Dove si acuisce la disperazione cova la ribellione. Ed infatti dopo ieri anche chi è rimasto a casa giura che la prossima volta ci sarà. I nostri Governanti cominciano a percepire di non avere più la capacità di fermare il risveglio in corso e soprattutto la credibilità per fornire soluzioni al paese. Resta l’ultima spiaggia della violenza per reprimere il dissenso e la verità, piuttosto che affidarsi a soluzioni democratiche e ragionevoli che non garantirebbero i loro privati interessi.
    Il re-gime è nudo.

    *Stefania Pezzopane
    Assessore Comune dell’Aquila
    Vice Presidente del Consiglio Provinciale

  3. DeMoN3 ha detto:

    Solo 2 parole:

     

    che schifo!!! 

  4. Baol ha detto:

    Credo sia importante seguire questa vicenda per cercare di ristabilire la verità dei fatti, anche attraverso questo Portale e il suo, seppur modesto, servizio di informazione, che può costituire una minuscola goccia in un'oceano, ma una goccia che non deve essere sprecata. Per questa ragione  inserisco anche il seguente articolo e i link di riferimento… si tratta di rispetto e della dignità di questa gente. 

    Francesca

    "Ma quali scontri?" La verità degli aquilani sul 7 luglio: "Basta censura e propaganda"

    di Bruna Iacopino

    Un'ora, due maxischermi e una platea di giornalisti per “ristabilire” la verità e smentire un teorema, quello secondo cui, le manganellate da parte delle forze dell'ordine sarebbero partite in seguito a provocazioni provenienti da alcuni “estremisti” dei centri sociali (sempre loro guarda caso). I comitati aquilani, i promotori reali di una vasta mobilitazione che il 7 luglio ha visto semplicemente una delle sue tante tappe a Roma, non accettano che la realtà venga stravolta fino a questo punto, non accettano il fatto di veder sminuita la loro battaglia. Già è stato fatto e anche ampiamente  da parte dei mezzi di informazione (anche se non da tutti), denunciano, che invece di spiegare i motivi della protesta hanno preferito dare spazio e voce alle polemiche, ai cosiddetti scontri: “Pretendiamo che non si parli più di scontri o incidenti tra polizia e manifestanti” dichiara Sara, rappresentante dei comitati aquilani, una delle tre donne cui ieri è toccato il compito di far saltare l'intero impianto accusatorio, che al momento è andato a colpire solo due persone, uno dei due romano. A quelle persone, sottolineano, “che ci sono state accanto sin dalla prima ora, va il nostro grazie e la nostra più completa riconoscenza”. E gli infiltrati, i facinorosi, gli estremisti che piacciono tanto a una certa stampa? “ Se ci fosse il tempo potrei dare uno per uno i nomi di tutte le persone che stavano in prima fila alla manifestazione…” afferma Maria Lucia. 5.000 persone, all'incirca, 45 pullman, tutti arrivati dall'Abruzzo, per manifestare pacificamente e ad accoglierli a Piazza Venezia un plotone di forze dell'ordine schierato in assetto anti-sommossa, immagini che sembrano richiamare altre non troppo lontane nel tempo a quella Genova presidiata per il G8, seppur con dei distinguo, che le tre oratrici cercano di far emergere uno dopo l'altro nel corso della narrazione: la presenza costante e massiccia delle istituzioni, a partire dall'adesione iniziale alla piattaforma della manifestazione, e in seguito durante tutto il corteo, loro il primo contatto e la trattativa con le forze dell'ordine, la presenza di donne e anziani, molti dei quali malmenati senza ragione da subito, un clima iniziale sereno, negozi aperti, volti sorridenti, la solidarietà degli  invalidi, contemporaneamente a Montecitorio.  La tensione, sostengono, stava tutta dall'altra parte.  “Stiamo cercando di raccogliere le testimonianze e le foto anche di queste altre violenze, di cui nulla si è saputo”. Come il caso di Sara, una giovane blogger, che dopo aver ripreso le immagini iniziali del corteo è stata costretta a smettere per la manganellata ricevuta allo stomaco.
    A venire bloccati e respinti quel giorno, anche molti giornalisti nonostante il tesserino sventolato in faccia alle forze dell'ordine. Mentre uno degli autori dei video pubblicati sul sito 3.32 rischia di vedere la propria videocamera in frantumi proprio mentre riprende i momenti più concitati. Le immagini vanno avanti, si vedono le mani alzate di fronte ai plotoni schierati e il volto di una ragazza che fronteggia un poliziotto, in alto le braccia, e un unico atto, se volete provocatorio: “L'Aquila, L'Aquila” strillato con forza…

    Le voci risultano confuse, ma quello che si sente in maniera chiara è la domanda, rivolta quel giorno alle forze dell’ordine e attraverso di loro all’esecutivo, che rimane anche adesso senza risposta: “ Ma che fate, che ca…o fate?”    “Non esiste alcun fotogramma, tra quelli che possediamo noi o tra quelli posseduti dalla Digos in cui si vedano azioni violente da parte dei manifestanti”. Non hanno dubbi i comitati aquilani che hanno voluto con forza questa conferenza stampa per ristabilire la verità ( “Non volevamo neanche andare a Palazzo Grazioli, la nostra meta era il Senato, ma il percorso è stato deviato…”) e soprattutto rilanciare i punti attorno ai quali ruotava la protesta, annebbiati dagli eventi della giornata. “Non più propaganda e censura, ma corretta informazione” si legge sul volantino del 7 luglio e informazione, in questo caso, significa sfatare una volta per tutte quel mito inesistente del miracolo aquilano affinchè il resto del paese capisca che “non è vero  che va tutto bene”.  A dimostrarlo, del resto, non sono solo le proteste, tante negli ultimi mesi, alcune completamente ignorate, ma sono soprattutto i numeri, le cifre che raccontano una tragedia mai finita, tanto per citarne alcuni: 5.600 posti di lavoro persi nel 2009, 7.000 cassintegrati, di cui 3.500 causa sisma, quasi 2.000 imprese commerciali e artigianali bloccate, 3378 persone in strutture ricettive, 54.187 assistiti in tutto il cratere, la zona rossa ancora interdetta al traffico veicolare e pedonale, e le macerie sempre lì…  Da qui le proposte, avanzate da tempo, ancora inevase e così enucleate nello stesso volantino: congelamento di mutui e prestiti, sospensione di tasse e tributi per cinque anni e successiva restituzione a rate nei dieci successivi senza interessi, garanzie per i lavoratori, misure ad hoc per far ripartire l'economia, un piano di ricostruzione per la città e i paesi limitrofi, procedure snelle, ricorso ad una tassa di scopo o contributo di solidarietà.   Questo quanto chiedevano il 7 luglio e chiedono ancora oggi, mentre il Governo si appresta a varare, a colpi di fiducia, la finanziaria. Attendono delle risposte: le attendono da Chiodi, commissario addetto alla ricostruzione, le attendono dal Governo, le attendono adesso dal Ministro Maroni, cui hanno indirizzato una lettera aperta, le attendono ancora di più dai media ( il servizio pubblico in prima battuta) cui viene chiesta correttezza e onestà. “ Venite a vedere come stiamo, venite a vedere dove ci riuniamo…” L’invito è aperto.

    *Nel corso della conferenza stampa sono stati mostrati dei video girati da giornalisti, blogger e e videomaker, e distribuiti alla stampa dentro un dvd, proponiamo di seguito alcuni link dove è possibile visionarli:

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/15/botte-al-corteola-veritadegli-aquilani/40305/

    Le testimonianze video di Francesco Paolucci

    La cosa pubblica e gli aquilani- di Luca Cococcetta

    Il sito della rete 3e32